Mercoledì tre ottobre, ore 10. Un commosso Vasco Brondi annuncia la chiusura del progetto musicale Le luci della centrale elettrica, cresciuto tra alti e bassi negli ultimi 10 anni, imponendosi come pietra miliare di un indie che non c’è più.
“Tra due giorni esce il doppio disco 2008/2018 Tra la via Emilia e La Via Lattea” – scrive il cantautore ferrarese sulla sua pagina Instagram – “Con questo doppio disco per me si chiude il progetto Le luci della centrale elettrica. Non so ancora spiegarmi del tutto il motivo, ma è una cosa che percepisco con grande sicurezza e serenità.”
Le luci della centrale elettrica
Il post si chiude, dopo un lungo discorso, con l’annuncio dell’arrivo di un libro, atteso per il mese prossimo, che porta semplicemente il nome del progetto “Le luci della centrale elettrica”, e che vuole proporsi a cronaca degli ultimi dieci anni di vita del trentenne, spesi tra album, concerti e scrittura.
Tra i numerosi commenti, dispiaciuti ma allo stesso tempo zeppi di gratitudine e speranza, si perdono i like e le risposte dello stesso Vasco, pronto a chiarire che la chiusura del progetto significherà, più che una fine, l’inizio di qualcosa di diverso.
Un pezzo di grande storia dell’indie italiano chiude così le sue porte ,dopo aver raccontato la generazione degli anni zero, così diversa da quelle che l’ hanno preceduta. Così finisce una parentesi di cantautorato complesso, diverso, apprezzato da pochi e criticato da tanti. A fare una previsione, non é da escludere che il progetto possa invecchiare particolarmente bene, e essere ripreso in futuro da chi lo ha in un primo momento snobbato: non sarebbe la prima né l’ultima volta che succede.
I punti di debolezza del progetto sono gli stessi che lo hanno reso forte, unico ed apprezzato, da chi si è sentito capito e ha letto la rabbia, l’amore, l’angoscia esistenziale che caratterizza nel profondo, più o meno consciamente, tutti i nativi dell’era digitale, che ha cambiato per sempre il mondo e la vita di chi ha vissuto in questi folli e imprevedibili anni di transizione.
L’impronta che questo progetto lascia dietro di sé è piena di una speranza preziosa, figlia della consapevolezza di dover “accettare la vita come una festa, come hai visto in certi posti dell’Africa“, di poter “fare caso a quando siamo felici“, di non aver “alternativa al futuro“, di sapere che “é solo un momento di crisi di passaggio che noi e il mondo stiamo attraversando.”
Augurando buona fortuna a Vasco Brondi, per un futuro pieno di musica e bellezza, chiudo quest’articolo che, senza pretese, si propone d’essere un ringraziamento personale, oltre che un mezzo di informazione.
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Martina Cappello
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