Sindrome Ipertimestica: la storia di Jill Price, la donna che non può dimenticare

Ci sono persone che non riescono a dimenticare nulla, nemmeno i dettagli più insignificanti delle loro giornate. Sembrerebbe un superpotere, ma per chi vive con questa “capacità” (che in realtà è una condizione che si chiama Sindrome Ipertimestica) è spesso una condanna. I ricercatori stanno cercando di capire cosa rende possibile dimenticare e perché, per la maggior parte di noi, sia fondamentale farlo.

Perché dimentichiamo: cosa rivela la memoria assoluta sul nostro cervello

Ho problemi di memoria“, scriveva una donna californiana in una mail al neuroscienziato James McGaugh. Ma il seguito lasciò di stucco il ricercatore: “Rivivo ogni giorno della mia vita nella mia testa e mi sta facendo impazzire!!!“. Era l’inizio di una scoperta scientifica straordinaria.

Jill Price, 34 anni, non dimentica. Mai. Ogni data menzionata risveglia nella sua mente un film nitido: eventi, persone, meteo, perfino cosa indossava quel giorno. Un fenomeno talmente insolito da meritare un nome specifico: sindrome ipertimestica o Highly Superior Autobiographical Memory (HSAM).

Ma cosa significa vivere senza la capacità di dimenticare? La mente di Jill conserva intatte anche le esperienze dolorose, i traumi, le umiliazioni, le perdite. Ogni ricordo resta vivido, impossibile da affievolire col tempo. Il risultato è ansia cronica, depressione, difficoltà a “voltare pagina”. Un dono che si trasforma in tormento.

locandina del film memento, un esempio di sindrome ipertimestica?
L’opposto è accaduto a Leonard Shelby, nel film “Memento” di Christopher Nolan

Dimenticare, spiegano gli scienziati, non è un difetto ma una necessità biologica. Questo processo è paragonabile a una “pulizia di primavera” neurale: il cervello deve eliminare il superfluo per funzionare correttamente. Non è logorio passivo, ma meccanismo attivo e salutare.

Nel 2014, un team di ricercatori identificò il “musashi gene” come possibile regolatore dell’oblio nei vermi. Curiosamente, analizzando questo gene nelle persone con HSAM, non trovarono anomalie.

Da qui la sfida: McGaugh raccolse campioni genetici di 21 persone con HSAM e dei loro familiari. Oggi questi materiali sono oro per la ricerca. A Basilea, gli scienziati setacciano quei DNA con precisione maniacale, cercando sequenze uniche assenti in 100.000 altre persone.

Fu come cercare un ago in un pagliaio: poteva trattarsi di una rara combinazione di più geni o di mutazioni in regioni non codificanti. La posta in gioco? Comprendere non solo l’HSAM, ma anche disturbi come l’Alzheimer o il PTSD, dove l’equilibrio tra ricordo e oblio è compromesso.

Da questo, emergono domande esistenziali di enorme importanza. Cosa accadrebbe se potessimo modulare la nostra capacità di dimenticare? Forse la domanda più intrigante riguarda il confine tra memoria normale e patologica: quand’è che ricordare diventa troppo, e quando dimenticare diventa troppo poco?

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Gianluca Cobucci

La sua vita è cambiata quando ha letto una frase di William Edwards Deming: "Senza dati sei solo un'altra persona con un'opinione". Da quel momento ha iniziato a leggere e approfondire perché ha fame di conoscenza. Sa a memoria "Il Silmarillion" e cerca di diventare uno Jedi.
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