Slim Dogs è una casa di produzione video nata niente poco di meno che dal popolarissimo canale Youtube di Cane Secco (Matteo Bruno) e i suoi amici (Adriano Santonocito, Adriano Santucci e Marco Cioni).
Di recente, la compagnia si è dedicata allo sviluppo di video per conto di terzi nell’intenzione di fornire servizi pubblicitari e di comunicazione. La vera bella notizia è che tutto ciò è diventato un business, trasformando di fatto la passione di questi ragazzi in un lavoro.
Abbiamo incontrato due di loro (Matteo Bruno e Marco Cioni) al Comicult di Rende, qualche giorno fa, e abbiamo scambiato battute circa tutto quello che sta succedendo sul web e sulla loro vita lavorativa in generale. Sei dei nostri? Leggi un po’!
Ci sono dei cambiamenti in atto su Youtube; cosa ne pensate?
Marco: Il problema di Youtube è ed è sempre stata l’impossibilità, quando scoppia un fenomeno, di tenerlo sotto controllo. Stanno facendo dei cambiamenti molto positivi rispetto alla piattaforma che era prima. Adesso si punta ai contenuti di qualità.
Come avete iniziato? Parlateci del percorso Slim Dogs…
Matteo: Il canale Cane Secco (che adesso è il canale della società), è stato aperto in modo inconsapevole quando per me la piattaforma rappresentava ancora un sito a caso. Ai tempi, andava di moda Myspace per dirne una. Non ho aperto il canale con un progetto di business ma ho capito che stava succedendo a Youtube in corso d’opera. Il mio primo video virale ha totalizzato 400 mila visualizzazione dalla sera alla mattina, senza che me ne accorgessi.
Marco: La cosa che ci porta ancora a curare la piattaforma deriva dal nostro approccio al network che non è quello di fare numeri ma comunicare quello che è il nostro lavoro e tenerci una fan base attiva che è costituita da 90/100 mila persone che apprezzano veramente ciò che facciamo.
Matteo: Noi non ragioniamo più da youtuber o creator ma bensi da società e azienda che è in grado di comunicare con queste persone con contenuti settimanali. Noi abbiamo degli spazi pubblicitari che non sfruttiamo solo per scopi economici ma anche a livello emotivo.
Di che anno siete?
Del 90 (Cane Secco).
91 (Marco)!
Parliamo dei vostri contenuti: cosa fate e perché? Qual è il vostro progetto più importante nel breve periodo?
Marco: bisogna splittare la questione in due, nel senso che abbiamo lato talent, ovvero Cane Secco e Slim Dogs di contorno, nel quale ci contattano per sfruttare la nostra visibilità in modo da promuovere un progetto o altri elementi. Dall’altro canto, abbiamo produzione e business puro. Per esempio, arriva un’azienda o un’artista e ci dice di sviluppare un’idea per un video e poi realizzarlo. Per la parte talent, una delle cose più fighe che abbiamo fatto è andare in Africa con Action Aid e girare uno spot per promuovere le adozioni. Dovevamo uscire dallo stile delle pubblicità televisive così abbiamo deciso di ribaltare lo schema classico degli spot adozioni creando qualcosa di nuovo. Lo spot deve ancora uscire.
Matteo: Ti rende soddisfatto vedere che il tuo stile narrativo può portare a dei risultati.
Marco: Lato produzione, c’è meno emotività anche se non in tutti i casi. Per esempio abbiamo girato delle video-clip per Ermal Meta di cui abbiamo condiviso il suo senso artistico.
Matteo: Sul video clip musicale c’è un altro tipo di emozione che non è certamente quello della campagna pubblicitaria su di una merendina.
Negli Slim Dogs, siete tutti degli scrittori?
Marco: Siamo in 4 e attorno a noi ruotano una serie di figure. Cane Secco è il responsabile del reparto video, ripresa e fotografia. Adriano è il producer, organizza il set e la logistica. Giovanni è il capo reparto di montaggio ed editing mentre io mi occupo del marketing, della comunicazione e del commerciale. Per quel che riguarda il lato creativo, essenzialmente ce ne occupiamo noi due ma la cosa figa è che essendo un gruppo di persone che condividono la stessa passione, siamo in grado di coinvolgere tutti con un’ampia fase dedicata al confronto e ai feedback.
Avete mai pensato di fare questo lavoro per i Youtuber che vogliono fare la vostra stessa cosa?
Marco: Lo facciamo ma non in questa forma. Secondo me è importante non partire dalla comunicazione e dal marketing ma dal pratico e quello che si vuole fare. Anche perché fare lo youtuber vuol dire tutto e vuol dire niente, dipende sempre dal contenuto che si vuole sviluppare. Con la Slim Dogs Factory facciamo per esempio dei workshop per videomaking e altri. L’obiettivo è dare tutti gli strumenti e le nozioni per raggiungere determinate competenze. Noi cerchiamo di andare sempre sul pratico, molti si vendono come maestri dal “ti mostro e ti insegno facilmente come riuscire ad avere il web e il digital sotto scacco” ma è sempre tutto molto aleatorio.
Matteo: Se lo scopo finale è fare like allora probabilmente non c’è una particolare scuola. Puoi provare a seguire i trend. Se lo scopo non sono i like ma comunicare qualcosa, allora bisogna partire dalle basi.
Gli Slim Dogs sono più dei professionisti o degli artisti? Come vi ritenete?
Marco: Professioni perché l’artista magari difficilmente renderebbe questa cosa un lavoro. Un professionista è colui che può lavorare per se o per l’emozione di un altro riuscendo sempre a tirare fuori qualcosa che può funzionare. Più che altro siamo degli artigiani, siamo legati al pratico. L’artista è una roba molto creativa, noi tendiamo a virare su qualcosa di pratico e di concreto. Di base siamo dei professioni perché facciamo delle lavorazioni di cui la creatività non è neanche nostra. Siamo realizzatori senza negare quella parte emotiva che comunque fa parte dell’arte. Comunicatori è meglio. Non c’è un confine.
Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un fenomeno che è quello della sovrappopolazione di contenuti video. La quantità massiccia di informazioni secondo voi è positiva o negativa? Sta abituando le utenze più a un filtraggio o all’elaborazione dei contenuti. Come pensate di arginare questo disaggio?
Matteo: La differenza di base è che un 50enne risulta spaesato perché non conosce una piattaforma mentre i più giovani ci sono nati e la gestiscono meglio. Ma il fattore preoccupante è che con il passare degli anni i più giovani potrebbero perdere la capacità di cercare un determinato contenuto, si fanno sempre più guidare da questo meccanismo perverso degli algoritmi. Il fenomeno del clickbait ne è esemplare. Il tracollo più grave è quello del settore giornalistico. Come tutte le cose che si evolvono velocemente abbiamo solo bisogno di tempo per assestarci e adeguare.
Che vogliate trasformare la vostra in passione oppure no, potete trarre ispirazione e spunti dalla fantastica esperienza di questo appassionato gruppo di ragazzi!
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