Snowpiercer, la serie tv debutta su Netflix: recensione dei primi due episodi

Le aspettative verso Snowpiercer, la nuova serie Netflix tratta dall’omonima graphic novel francese, erano piuttosto alte, soprattutto perché uno dei produttori è Bong Joon-Ho, che ha fatto incetta di Oscar all’ultima edizione degli Academy Awards con il suo capolavoro Parasite.

Il regista coreano aveva già diretto l’adattamento cinematografico del 2013, un film che aveva diviso la critica, ma che era stato generalmente molto apprezzato dal pubblico, sia per l’abilità nell’affrontare i temi principali della trama, sia per la presenza di un cast all’altezza dei propri ruoli.

La Trama di Snowpiercer

La trama rimane la stessa del film: nel tentativo di contrastare il cambiamento climatico e combattere il surriscaldamento della Terra, un esperimento fallito fa precipitare il pianeta in un’era glaciale che non lascia scampo a nessuna forma di vita, con le temperature che gradualmente scendono fino a -120 gradi, condannando ogni creatura all’inesorabile estinzione.

Gli unici esseri umani che riescono a scampare a questa devastazione sono i 3000 passeggeri (regolari o imbucati) che popolano lo Snowpiercer, treno ad alta tecnologia che percorre il globo in una corsa infinita, progettato e costruito dal genio visionario Wilford, che governa la locomotiva (e quindi è di fatto il capo autocrate del mondo) e dove l’equilibrio e le risorse sono mantenute grazie ai 1001 vagoni, ognuno con una funzione specifica: ci sono i vagoni agricoli, quelli per l’allevamento, i vagoni medici, e così via.

Il punto centrale del film era l’iniquità della distribuzione delle risorse: i passeggeri del Fondo, quelli saliti senza biglietto o semplicemente “colpevoli” di essere poveri vengono nutriti con strane barrette energetiche, che costituiscono il loro unico pasto, e vivono ammassati nei vagoni di coda.

Mentre l’élite del mondo, i ricchi, ha accesso ai vagoni di testa, dove ci sono ambienti dotati di ogni lusso, come saune, palestre, locali notturni e ogni genere di divertimento e di vizio possibile.

Questa disuguaglianza spinge i Fondai (così sono chiamati i passeggeri dei vagoni di coda) ad organizzare ciclicamente delle rivoluzioni, per tentare di prendere il controllo della locomotiva e ristabilire la giustizia per tutti gli abitanti dello Snowpiercer.

La trama della serie si svolge 6 anni dopo l’apocalisse (e non 15 anni dopo, come nel film), e vede protagonista Andre Layton, un ex poliziotto della omicidi, un Fondaio, che sarà chiamato da Wilford attraverso la Voce del treno Melanie Cavill, sua portavoce e braccio destro, a risolvere degli strani assassinii avvenuti tra i passeggeri delle classi più ricche.

Layton accetterà nella speranza di ottenere più diritti per i Fondai e scoprire i segreti dello Snowpiercer.

L’opinione

Uno degli aspetti più amati del film era stata l’atmosfera cupa e claustrofobica che caratterizzava l’ambiente del treno e rendeva perfettamente il senso di insofferenza e rabbia che pervade gli abitanti dei vagoni di coda.

Il focus della pellicola era proprio riservato a loro, alle loro battaglie e ai loro ideali, mentre i passeggeri ricchi non erano che figure di sfondo, che servivano solo a rimarcare la disuguaglianza tra le classi più abbienti e quelle più povere.

Nella serie, invece, l’atmosfera soffocante del film è quasi totalmente assente: i primi due episodi si svolgono principalmente nei vagoni dalla terza classe in su e sembra che i passeggeri delle classi ricche avranno ruoli importanti nella trama.

Mentre nel film i personaggi principali erano quelli appartenenti al Fondo, fatta eccezione per gli antagonisti.

L’atmosfera cupa lascia quindi il posto all’ambientazione più lussuosa ed elegante dei vagoni di testa, e l’azione si svolge attorno a più personaggi, piuttosto che concentrarsi solo sul protagonista e sui suoi drammi personali.

Se l’approfondimento dedicato ai vagoni dei ricchi può essere interessante, si va un po’ a perdere quello che era il punto di forza del film, ovvero la lotta di classe e la violenza della rivoluzione, uno dei topic più apprezzati da pubblico e critica, e il punto cardine della trama.

La serie, invece, sembra essere più di genere crime che distopico, con Layton impegnato nel risolvere omicidi e svelare misteri, mentre il Curtis protagonista del film si batteva strenuamente per i suoi ideali e per tentare di ristabilire la giustizia senza scendere a compromessi con nessuno, con la locomotiva come suo unico, ossessionante obiettivo.

Il risultato è che si passa da uno Snowpiercer fantascientifico e dai temi filosofici e importanti ad uno Snowpiercer che mette da parte la sua natura più intensa per fare spazio ad una trama principalmente a tema investigativo.

La critica per ora è stata freddina con la serie, forse proprio a causa delle aspettative create dal talento del regista, fresco di Oscar, e dal film del 2013.

La produzione in realtà è buona, la serie si preannuncia un prodotto interessante, godibile, sebbene molto diverso dal precedente adattamento.

Il problema principale è che sembra che Bong Joon-Ho non abbia aggiunto niente di nuovo né di straordinario al suo lavoro, limitandosi a produrre una serie di livello medio che rischia di essere troppo dimenticabile, a meno che le puntate che seguiranno non riescano a ribaltare il giudizio momentaneamente… Congelato di critica e pubblico.

L’unica nota davvero di demerito della serie, secondo l’autrice di questo articolo, è che si sente moltissimo la mancanza di Tilda Swinton e della sua perfetta e crudele Mason, uno dei personaggi più amati del film.

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Necronomidoll

Divoratrice compulsiva di libri, scrittrice in erba, maladaptive daydreamer. Il Culto Vive.
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