L’obiettivo dell’ultima fatica di SpaceX era testare il sistema di emergenza, con la distruzione volontaria del razzo vettore Falcon 9 e il distacco in sicurezza della capsula Crew Dragon.
SpaceX, di proprietà del miliardario (ed esilarante) sudafricano Elon Musk, che spesso fa parlare di sé per le sue idee avanguardistiche, ha lanciato il razzo dal Kennedy Space Center in Florida, a Cape Canaveral, il 19 gennaio alle 10.30 ora locale (le 16.30 in Italia). La piattaforma utilizzata per il lancio è stata la 39A, quella storica usata per le missioni lunari del programma Apollo.
Ovviamente a bordo non c’era equipaggio umano trattandosi di un test denominato IFA (in-flight abortion), ovvero durante l’interruzione del volo.
Dopo due minuti e mezzo dal decollo la capsula Crew Dragon, che in futuro, nei voli reali, ospiterà gli astronauti, si è separata con successo dal razzo Falcon 9, che è stato volontariamente fatto esplodere circa 10 secondi dopo il distacco dell’altra, a circa 18 chilometri di quota e ad una velocità di volo di 2,2 mach.
Il test era mirato a valutare il funzionamento del sistema di emergenza, che in caso di malfunzionamenti registrati dal computer di bordo, va ad accendere otto propulsori chiamati SuperDracos che permettono l’allontanamento della capsula dal razzo.
Una volta arrivata ad una distanza di sicurezza dal razzo la capsula ha aperto i quattro paracadute che le hanno permesso di ammarare al largo della costa della Florida.
SpaceX ha deciso di effettuare il test durante il maxQ, il punto massimo di stress aerodinamico, così da valutarne l’efficacia nelle condizioni peggiori possibili.
Una vittoria per SpaceX
Questo test era cruciale per SpaceX: la buona riuscita rappresenta la possibilità concreta che a breve la compagnia possa essere autorizzata a volare con equipaggio a bordo. Sia SpaceX che Boeing stanno lavorando duramente con la NASA per riuscire a mandare nello spazio nuovamente degli astronauti dal ‘lontano’ 2011, anno che segnò la fine dell’era degli shuttle.
SpaceX con questo test rende sempre più reale la possibilità di inviare nuovamente astronauti NASA sulla Stazione Spaziale Internazionale. Attualmente gli astronauti statunitensi possono raggiungerla unicamente ‘chiedendo un passaggio’ alla russa Soyuz.
Un passaggio che costa a Washington circa 80 milioni di dollari per volta, come stipulato nell’accordo con Mosca.
Meglio se la NASA incrocia le dita per SpaceX e per l’inizio dei voli con equipaggio a bordo.
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