L’ultima puntata della prima mid-season di Star Trek: Discovery è andata in onda domenica 12 novembre, lasciando i fan con la domanda più classica delle serie del franchise: dove diavolo sono finiti? Per avere la risposta occorrerà attendere gennaio 2018.
Come abbiamo già detto qua e qua, Netflix era presente per la prima volta al Lucca Comics 2017; oltre al padiglione e un percorso tematico dedicato a Stranger Things, la piattaforma streaming ha anche portato nella cittadina toscana i protagonisti delle due serie evento dell’autunno 2017: Stranger Things e, appunto, Star Trek: Discovery.
Al Press Cafè dedicato alla serie fantascientifica erano presenti: Jason Isaacs (Capitano Gabriel Lorca), la bellissima, molto più che nella serie, Sonequa Martin-Green (specialista Michael Burnham) e Shazad Latif (Tenente Tyler); li accompagnava lo sceneggiatore Aaron Harberts. E c’eravamo anche noi del Bosone!
Molto gentili e simpatici, gli attori hanno risposto alle domande dei giornalisti in un clima piacevolmente rilassato, quasi scherzoso.
Parlando di una serie che si va ad inserire in un franchise così vasto ed elaborato, in una giornata che prevedeva anche l’incontro con i fan è stato logico domandare cosa si aspettassero da parte dei fan italiani.
La prima a rispondere è la protagonista Sonequa Martin-Green:
“Adoro l’Italia e vorrei tanto vivere qui anche se è la prima volta che la visito. Spero che ai fan italiani piaccia la serie e che si uniscano a noi in questo viaggio”.
Isaacs: “Il fulcro di tutta la saga di Star Trek è che non ci sono barriere di razza, specie o nazionalità o orientamento sessuale. Mi auguro che anche i fan italiani si ritrovino in questo messaggio”.
Latif: “Ieri ho girato per Lucca e ho potuto incontrare fan e cosplayer in giro per la città. È bello vederli così uniti e divertirsi. Mi sembra il posto più adatto per incontrali”.
Harberts: “Discovery parla di esplorazione e scoperta e ha sempre mirato ad unire l’umanità. Essere qui e vedere che il franchise trascende i confini delle nazionalità è commovente”.
Star Trek è un universo ampiamente codificato e con 50 anni di storia alle spalle. Aver ambientato Discovery dieci anni prima della serie originale mette in parte al riparo da critiche, ma è ovvio che autori ed attori hanno dovuto confrontarsi con tutto il materiale a disposizione.
È Isaacs, questa volta, a parlare per primo:
“Sono sempre stato un fan di Star Trek. Ci sono migliaia di ore di girato, ma fortunatamente la nostra serie è ambientata dieci anni prima, cosa che ha lasciato grande libertà. Mi hanno dato un manuale della Federazione, ovvero un libro di settecento pagine. Non l’ho letto. Kirk e Spock erano i miei eroi da adolescente; non volevo un confronto, volevo creare qualcosa di nuovo”.
Martin-Green: “Volevo guardare ogni minuto del materiale girato, ma non ci sono riuscita. Ho dovuto iniziare a lavorare al mio personaggio e alla mia storia. Ho guardato Enterprise e la serie originale per via della presenza dei Vulcaniani; ma poi ho semplicemente cercato di fare del mio meglio con il mio personaggio”.
Latif: “Anche io non ho guardato moltissimo. Mi sono concentrato sugli episodi di The Next Generation perché adoro Patrick Steward. Ma noi stiamo creando storie nuove ed originali”.
Harberts: “Stiamo scrivendo storie nuove ed originali, ma la cosa importante è stata mantenere lo spirito di Star Trek in termini di ideali, ottimismo e ricerca di pace. Ogni serie ha raccontato tematiche legate al periodo storico in cui sono state girate. Noi non abbiamo guardato quello che c’era prima, ma cosa potevamo fare di nuovo”.
Come influenzano allora il lavoro le eventuali critiche di un fandom così radicato?
Latif: “Credo che si possano rispettare i desideri dei fan ma senza esagerare nel rispettare la loro volontà; perché così facendo si rischia di tradire il proprio personaggio”.
Isaacs: “Ogni personaggio è nuovo, come ogni storia in un nuovo universo ed è difficile fare confronti. Quando recito non mi preoccupo di quello che può pensare un fan, di un regista o un autore. Quello che mi importa è fare bene il mio lavoro e tutti abbiamo dato il massimo. Se un Klingon mi attacca all’improvviso non mi preoccupo di quello che può pensare un nerd davanti ad un computer”.
Harberts: “Mio padre diceva ‘se cerchi di inchinarti al loro volere, cadrai difronte alle loro critiche’. Ho un grande rispetto per i fan, ma non devo scrivere per il pubblico, bisogna essere indipendenti. Ho un post-it sulla scrivania: ‘Scrivi per la gioia che ti porta, non per il pubblico’. Star Trek è un’avventura in cui sappiamo di non poter soddisfare tutti”.
Martin-Green: “È la libertà a dare autenticità, ed è l’autenticità che vogliamo dare al pubblico. Le nostre storie devono portare un cambiamento positivo e per farlo bisogna sperimentare. Per fortuna siamo un gruppo molto unito”.
A proposito dell’essere un gruppo unito, Jason Isaacs non è avaro di complimenti riguardo a Sonequa:
“Ho lavorato in altri franchise e ho visto attori diventare famosi in brevissimo tempo e distaccarsi dalla realtà. Ho capito che quello che ti salva sono i rapporti tra noi. Nel nostro caso Sonequa non è solo la protagonista ma il centro della nostra squadra; fa in modo che, vedendoci anche al di fuori delle riprese, noi siamo un gruppo coeso di amici”.
Da questo sorge la domanda su come sia cambiata la loro vita dopo Star Trek
Isaacs: “Abbiamo appena finito di girare! Fammi la stessa domanda tra dieci anni!”.
Martin-Green: “Per adesso c’è l’immediatezza dell’essere qui a presentare il nostro progetto ai fan e alla stampa. Vedremo come evolverà nei prossimi anni”.
Harberts: “Io sono solo lo scrittore! Mi nascondo dietro ad un computer! Ci sono altri sceneggiatori con me e abbiamo uno straordinario team creativo. È però straordinario vedere che le persone si immedesimano così tanto nello show; questi personaggi che io ho creato sono rappresentati da un cast straordinario. È tutto fantastico e ancora non mi capacito di come la gente mi riconosca in aereo!”.
Le aspettative erano che la serie fosse d’azione. E invece è lasciato ampio spazio ai dialoghi, anche per quanto riguarda il popolo Klingon. È stata creata una sorta di grammatica per loro?
Harberts: “I Klingon sono molto importanti per la storia, che è incentrata sulla guerra tra la Federazione e questo popolo. Volevamo che fossero ben chiari entrambi i fronti e per farlo dovevamo rendere comprensibile la loro cultura. Sono molto protettivi nei confronti della loro cultura, temono l’integrazione. Non avremmo potuto raccontare tutto ciò se non parlando in Klingon. Avevamo degli esperti che ci hanno aiutato tantissimo, anche nelle modifiche tra lo script e la messa in onda necessarie affinché fosse tutto più incisivo. Gli attori che interpretano i Klingon, sono tutti bravissimi e molto attenti. Ci hanno messo moltissimo impegno prendendo la cosa in modo estremamente serio. Alla fine si isolavano tra loro e durante le riprese del pilot i due gruppi di attori non si incontravano mai”.
A proposito dei personaggi, sappiamo che i personaggi si amano o si odiano, ma come vivono gli attori i loro personaggi? Li amano oppure no?
Isaacs: “Secondo me qui c’è un problema di linguaggio. Nessun personaggio cattivo vede se stesso come cattivo. Io non giudico i miei personaggio, io agisco nel modo in cui agirebbe lui. Il nostro show riflette il nostro tempo e la sua complessità; il pubblico è diventato molto sofisticato, abituato ai personaggi complicati, strani, impetuosi ed egoisti. Ma queste contraddizioni sono la bellezza della serie. Non è mai accaduto in Star Trek di avere personaggi così complessi.
Martin-Green: “Io amo entrare totalmente nel mio personaggio. Io sono Michael Burnham in un certo senso. Come Michael ho dei sani principi, ma ho tante cose di me che non mi piacciono e che vorrei cambiare, cose su cui lavorare. Questo mi permette di confrontarmi con me stessa e di migliorarmi”.
Si parla spesso di una mancanza di personaggi femminili interessanti, e invece Sonequa Martin-Green ha interpretato due ruoli molto belli e forti, Michael Burnham e Sasha in The Walking Dead. Ci sono somiglianze?
Martin-Green: “Sono onorata di aver avuto due ruoli così forti. Anche se non si somigliano molto, sono molto forti ma al contempo hanno una grande vulnerabilità. Soprattutto sono entrambe donne con fortissimi principi, come lo sono io. Credo sia un privilegio poter dare voce a personaggi così complessi e importanti, una mia firma di un attivismo per le donne”.
L’ultima domanda era rivolta a Harberts e alla possibilità di uno spin off di Star Trek Discovery
Harberts: “Non abbiamo ancora finito la prima stagione! L’universo di Star Trek è gigante e potremmo raccontare di tutto! I Klingon, il passato del capitano Lorca o di Burnham da giovane su Vulcano … ma dobbiamo ancora finire la prima stagione!”
Star Trek: Discovery ritornerà su Netflix lunedì 8 gennaio 2018.
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