Ci eravamo lasciati un mese e mezzo fa con il punto su Stranger Things in cui parlavamo di Will, di Undici e di Barb. Appurato che di Barb – come annunciato dai creatori – non avremmo avuto un come back, per quanto riguarda Will ed Undici il discorso è diverso e nella seconda stagione la fanno da padrone.
Ma non volendo concentrarci sui singoli personaggi, andiamo a commentare la serie per ciò che è stata. Un capolavoro a metà.
Essendo la seconda stagione suddivisa in 9 capitoli, possiamo dire che nei primi 4 episodi nulla si aggiunge al plot della serie, se non il personaggio di Maxine alias “Mad Max”.
Tale personaggio però pur avendo una grossa presenza negli episodi, non incide sugli altri personaggi come avrebbe dovuto.
Viene lasciata fin troppo subito la pista del triangolo amoroso con Mike ed Undici e pur avendo un carattere fortissimo, i suoi trascorsi vengono risolti in una confessione a Lucas fin troppo semplice.
Ma andiamo con ordine e analizziamo Stranger Things 2 come si deve…
Cosa c’è che non va in questo capolavoro? (a parte i primi 4 episodi che appaiono in larga parte “celebrativi”).
Si ha l’impressione di un qualcosa di già visto, di una ricetta che siccome squisita viene riproposta in altra salsa. Basti pensare ad alcuni espedienti narrativi che hanno ben funzionato nella prima stagione, utilizzati nuovamente in questa:
- Undici veniva nascosta nella cantina dei Wheeler, nella seconda stagione viene nascosta da Hopper nella sua casa nel bosco.
- Il bullo era Steve, nella seconda stagione divenuto buono lascia il ruolo a Billy, il fratello di Mad Max che però incide meno della sorella.
- Casa Byers era zeppa di lucine di Natale, nella seconda stagione è zeppa dei disegni del tunnel.
Quindi i primi 4 episodi scivolano via senza lasciare nulla allo spettatore se non l’ennesimo viaggio nelle atmosfere degli anni 80.
Ma dalla quinta puntata in poi, che coincide con la discesa di Hopper nel tunnel, le cose cambiano e diventa tutto più interessante.
Il bello di Stranger Things riemerge dopo qualche puntata…
Insomma, stare su fa scendere l’interesse, scendere sotto fa alzare l’Hype. E vengono fuori tutti gli aspetti positivi della serie e nello specifico della stagione.
Ottimo il formarsi della coppia Dustin/Steve che danno all’avventura un tono divertente e smorzante.Il tutto condito da citazioni sempre gradevoli dei classici degli anni 80/90.
Come la premura di Dustin nell’accudire Dart, che ricorda quella del protagonista del film La Piccola Bottega degli Orrori del 1986.
Oppure la camminata sulle rotaie di Dustin e Steve che riporta alle atmosfere di Stand By Me (sempre del 1986).
Senza dimenticare che i democani – che non sono altro che una versione del Demogorgone a 4 zampe – sono chiaramente ispirati dai cani xenomorfi presenti nel terzo capitolo di Alien del 1992 diretto da David Fincher.
In tutto ciò nella parte centrale della stagione però abbiamo la parte più deludente della stagione.
Il vero flop che ha macchiato la qualità del prodotto. L’episodio 2×07 “La Sorella Perduta”.
Un episodio di rottura, un intermezzo, uno spotlight, chiamatelo come volete ma pur sempre una parentesi del tutto insignificante.
Il vero flop della seconda stagione di Stranger Things
Un esperimento mal riuscito di inserire un tema alternativo che viene anticipato nell’incipit della serie e viene raccontato in questo episodio.
Ma il tutto è costruito male, contestualizzato peggio. In quell’episodio pare di trovarsi in tutt’altra serie TV, perchè il tema secondario (le origini di Undici) non legano con quello che è il plot vero e proprio di Stranger Things.
Insomma, come dichiarato dai creatori, hanno provato ad inserire qualcosa di nuovo magari da riproporre nella terza stagione.
Non ci sono riusciti ed hanno anzi spezzato un’atmosfera che in 2 puntate aveva raggiunto il picco massimo, con l’arrivo dell’esercito di democani. E per chi fa binge watching o peggio ancora binge racing è qualcosa di imperdonabile.
Fortunatamente in un’oretta che pare però infinita, ci si lascia alle spalle questa pausa per tornare alla plot principale con l’arrivo in superficie dei democani nell’episodio 2×08 “Il Mind Flayer”.
Un vero è proprio omaggio a Jurassic Park dove Bob sale in cattedra (a differenza di quelli citati in precedenza) e si rende protagonista del miglior episodio della stagione.
Si lo so, è una recensione con SPOILER ma ho anche un cuore, quindi non rivelo nulla. Godetevela.
Note di merito…
Una nota di merito in questo caso va comunque ai fratelli Duffer che scrivono e dirigono questi personaggi scegliendo attori in maniera specifica.
Facendo ciò sono capaci fin da subito di stabilire un grosso elemento di empatia, essendo riconoscibili dal pubblico.
Non è affatto un caso che l’attore che interpreta Bob – Sean Austin – sia anche presente nei I Goonies e nella trilogia de Il Signore degli Anelli.
In conclusione dunque ci siamo ritrovati in 9 episodi godibili ed a tratti molto incalzanti. Ma allo stesso tempo a delle singolari parentesi davvero evitabili, poche lacune ma enormi che hanno davvero intaccato il risultato finale che poteva essere epico.
Quindi per la terza stagione spero che si continui a navigare in questo piccolo universo anni 80.
Perchè comunque è un universo che offre infiniti spunti da cui attingere ed in questo senso spero che i Duffer possano ampliare la trama in maniera omogenea e lineare.
Ma in egual misura spero che lascino perdere le strade intraprese nell’episodio 7.
E che gli errori commessi in questa stagione siano da monito per il terzo atto.
Importante per un prodotto televisivo che grazie al suo omaggiare un’epoca che ancora faceva affidamento alle relazioni umane, pure ed in molti casi anche imperfette e per questo vivibili (dove la tecnologia non aveva ancora condizionato le nostre vite in maniera così invasiva) ha saputo fin’ora farci rivivere grandi momenti di umana nostalgia.
Un saluto dal Demogorgone!
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