Trovata la causa delle misteriose striature su Marte

Il Pianeta Rosso continua ad essere uno dei principali obbiettivi delle missioni spaziali, e gli studi per conoscerne tutti i segreti proseguono senza sosta. Una delle ultime scoperte riguarda l’origine di misteriose striature scure osservate sulla superficie marziana. Lo studio pubblicato su Science Advances, infatti, mostra come la causa di queste linee siano in realtà il risultato di frane provocate da ghiaccio sciolto mischiato con il permafrost ricco di sale del substrato, che innescano una reazione chimica particolare. Gli smottamenti lasciano dietro di loro quelle striature scure, dette recurring slope lineae.
L’importanza di questa scoperta è direttamente collegata alla teoria di possibili forme di vita sul suolo marziano.

Gli scienziati studiano questi particolari smottamenti da più di un decennio, secondo Janice Bishop, autrice primaria dello studio e scienziata presso il SETI Institute. In questi anni, le telecamere ad alta risoluzione della NASA (HiRISE) hanno seguito il corso di diverse frane, oltre alle recurring slope lineae che sarebbero direttamente collegate ad esse.

L’importanza di studiare i movimenti del suolo marziano

Contrariamente a quanto ipotizzavano precedenti studi, è stato adesso appurato che le striature scure sulla superficie non si limitino ad essere solo una reazione chimica tra il sale di cloro del sottosuolo e una grande quantità di solfati, ma che includano anche reazioni nel permafrost, creando in questo modo acqua con alta concentrazione salina.

È dunque possibile che le reazioni chimiche tra solfati e cristalli di sale creino una migrazione dei cristalli di sale attraverso il suolo, anche se secondo Bishop si tratterebbe di “Un processo molto lento“, a causa delle bassissime temperature di Marte, che sulla superficie possono scendere fino a -62 gradi Celsius.
Anche se alcune delle frane sono state osservate nell’arco di anni, le nuove immagini rilasciate dall’HiRISE mostrano cambiamenti che avvengono anche in pochi mesi, secondo quanto dichiarato dalla dottoressa Bishop a LiveScience.

Esperimenti per ricreare le reazioni chimiche tra sale solfato sono stati effetuati in laboratorio utilizzandoframmenti provenienti dai posti della Terra più simili al Pianeta Rosso, come alcune regioni antartiche, il Mar Morto, e la Salina di Pajonales nel deserto di Atacama.
I risultati sono stati che, una volta ghiacciate a temperature di -50 gradi, il sale e i solfati si sono separati, con l’acqua ghiacciata che si muoveva all’interno del composto, risultando appunto in piccole frane.


Secondo Raina Gough, professoressa di chimica presso l’università i Boulder, Colorado, lo studio risolve il problema del “riempimento” in cui si erano imbattute le analisi sulle frane; con i nuovi risultati ottenuti, “Il sale e l’acqua non devono necessariamente essere riempiti periodicamente, perché molta dell’azione riguardo le acque saline si svolge nel sottostrato”.

E studiare i comportamenti del suolo ( e del sottosuolo) marziano ha uno scopo ben preciso: verificare se possano esistere le condizioni per la vita sul Pianeta Rosso.

Vita su Marte: una possibilità concreta?

Attualmente, il pianeta non sembrerebbe in grado di sostenere forme di vita come le intendiamo sul Pianeta Terra, ma ospita comunque condizioni simili ad alcune regioni dell’Antartide, dove sopravvivono gamberetti e altre forme di vita marine.

Ma rimane aperta l’ipotesi che queste condizioni un tempo fossero adatte per la vita su Marte: “Esistono organismi che amano le acque salate“, ha spiegato Gough, “Ma le condizioni attuali del terreno e dell’acqua sono adesso troppo piene di sale per ospitare la vita così come la conosciamo sulla Terra”.

Il prossimo passo per la dottoressa Bishop e i suoi colleghi sarà quello di effettuare più esperimenti in laboratorio per analizzare le reazioni chimiche che deriverebbero tra l’incontro del suolo ghiacciato di Marte e una varietà di differenti solfati e sale, e verificarne i risultati.

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Necronomidoll

Divoratrice compulsiva di libri, scrittrice in erba, maladaptive daydreamer. Il Culto Vive.
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