Ci troviamo nell’antica Magna Grecia, durante il dominio del tiranno Falaride ad Akragas, l’attuale Agrigento, tra il 570 e il 554 a.C. Falaride è noto per essere stato un abile conquistatore, espandendo i confini della sua città, ma è passato alla storia come uno dei tiranni più temuti per i suoi metodi brutali di tortura.
Figura avvolta tra mito e realtà, ancora oggi gli studiosi si interrogano su quanto della sua storia sia autentico. Tuttavia, il suo nome è indissolubilmente legato al macabro strumento noto come Toro di Falaride, citato in opere come le Enneadi di Plotino e il Canto XXVII dell’Inferno di Dante Alighieri.
Il Toro di Falaride: cos’era
Il Toro di Falaride rappresenta uno degli strumenti di tortura più disumani dell’antichità, ideato da Perillo di Atene su commissione dello stesso tiranno. Si trattava di una statua di bronzo a grandezza naturale, vuota al suo interno e progettata per terrorizzare i nemici e giustiziare i condannati con atroce spettacolarità.
La particolarità del toro risiedeva nella testa, dotata di una serie di tubi che trasformavano le urla delle vittime in suoni simili al muggito di un toro furioso. La statua era inoltre dotata di una porta laterale attraverso cui le vittime venivano introdotte nella cavità.
Ma come funzionava questo strumento di tortura?
La prima persona a sperimentare il Toro di Falaride fu lo stesso Perillo, l’artigiano che lo aveva costruito. Falaride, in un gesto di crudele ironia, lo fece rinchiudere nella statua e accese un fuoco sotto la pancia di bronzo, cuocendolo vivo tra urla strazianti. Le narici del toro venivano riempite di incenso per attenuare l’odore della carne bruciata.
Perillo fu estratto pochi istanti prima della morte e giustiziato gettandolo da una rupe. L’orrendo strumento fu poi utilizzato non solo dai Greci, ma anche dai Romani per l’esecuzione di ebrei e cristiani, tra cui il martire Sant’Eustachio.
Dove si trova il Toro di Falaride?
Il destino del Toro di Falaride rimane avvolto nel mistero. Secondo alcune fonti, sarebbe stato portato a Cartagine come bottino di guerra quando i Cartaginesi conquistarono Akragas nel 406 a.C. Altre versioni narrano che, con la caduta di Cartagine, il toro fu restituito ad Agrigento dai Romani.
Una leggenda ancora più suggestiva racconta che lo stesso Falaride fu giustiziato con il suo strumento di tortura per ordine di Telemaco, che pose fine alla sua tirannia. Il toro, contenente il corpo del tiranno, sarebbe poi stato gettato in mare nei pressi delle coste di Akragas.
Sebbene non esistano prove materiali che confermino l’esistenza del Toro di Falaride, la sua storia rimane uno dei simboli più emblematici delle crudeltà dell’antichità. La sua leggenda, tramandata nei secoli, continua a suscitare orrore e curiosità, ricordandoci quanto spesso la realtà storica possa fondersi con il mito.