I videogiochi sono diventati ben più che un semplice passatempo. Anche in Italia i numeri stanno diventando interessanti. Secondo i dati di Growth Capital, a livello globale il settore del gaming ha fattura ormai quasi 200 miliardi di dollari all’anno e circa la metà della popolazione mondiale ha giocato almeno una volta impugnando un controller. Persino le industrie della televisione e del cinema impallidiscono di fronte alla smisurata crescita dei videogame. Nello Stivale il giro d’affari si attesta sui 2 miliardi di euro e cresce di più del 2% ogni anno. Insomma, possiamo parlare a tutti gli effetti di un vero e proprio fenomeno commerciale, impossibile da ignorare anche a livello mediatico.
Il numero di player aumenta di anno in anno, di conseguenza anche le figure professionistiche richieste nell’ambiente si sono moltiplicate. Quello del gaming è un settore che mette a disposizione diversi posti di lavoro. In Italia, ad esempio, si possono contare almeno 1.600 persone impegnate quotidianamente nello sviluppo di questo mondo ancora poco conosciuto. L’80% circa dei lavoratori ha meno di 36 anni: si tratta di informatici esperti del campo tecnologico o artistico. D’altro canto, i giochi virtuali non vanno solo progettati, ma anche designati. In un secondo momento, le idee devono essere digitalizzate per rendere i risultati fruibili dai giocatori.
Non a caso i programmatori di videogame sono considerati l’anello di congiunzione tra la fantasia e la realtà videoludiche: sono a loro ad occuparsi di scrivere il codice per realizzare le volontà del game designer, altra figura importantissima nello sviluppo di un videogioco. Una volta fiutate le potenzialità del settore, anche l’Italia ha iniziato a dedicarsi a una formazione in merito. Dal 2014, infatti, esiste l’Hackademy di Aulab, che offre corsi sull’elaborazione del software per condurre i giovani appassionati verso la strada del lavoro. Game designer, level designer, programmatori: un videogioco è come un universo alternativo nel quale confluiscono ambienti giganteschi, per quanto virtuali. Assemblare gli elementi grafici per creare una vera e propria realtà digitale non è così semplice e in Italia non c’è mai stata una grande tradizione sotto questo punto di vista.
I ragazzi che riescono a distinguersi in questo ambito finiscono talvolta con l’essere ingaggiati dalle grandi aziende statunitensi, che curano la pubblicazione dei titoli più famosi. Chi lavora nel campo della programmazione interagisce con progetti e figure di vario tipo, acquisendo nuove competenze informatiche e abilità specifiche. Alcuni addetti ai lavori vedono la programmazione come una sorta di scienza, per cui la sorpresa e l’innovazione sarebbero sempre dietro l’angolo. Anche per questo motivo il mondo dei videogiochi riesce a godere periodicamente di nuova linfa, proponendo spesso e volentieri esperienze rivoluzionarie, com’è stato dimostrato di recente dall’introduzione della realtà virtuale, ad esempio.
L’impressione generale, comunque, è che il gaming non abbia ancora attecchito del tutto in Europa. Ciononostante, alcuni Paesi sembrano già più avanti rispetto ad altri e in Italia i videogiochi sono ufficialmente riconosciuti come forma d’arte. Le console di ultima generazione come la PlayStation 5 devono ancora dare il meglio di sé, ma nel frattempo le connessioni alla rete Internet si stanno potenziando sempre di più, il che va inevitabilmente a vantaggio del gaming online.
Al giorno d’oggi, infatti, in pochi acquistano un videogioco per limitarsi a sfidare la cpu poiché i player in carne ed ossa tendono a fronteggiarsi l’un l’altro per affinare le proprie tecniche e imparare nuove skill, un po’ come già avveniva nei giochi di casinò delle sezioni live. Solo dopo che i videogame avranno fatto il loro approdo alle Olimpiadi, evento atteso per l’edizione del 2024 a Parigi, probabilmente tutti quanti si accorgeranno di quanto il gaming possa influenzare il quotidiano e diventare un’attività lavorativa vera e propria.
Le piattaforme di condivisione video come Twitch hanno chiaramente segnato il boom del gaming, in quanto molti giocatori professionisti hanno iniziato a “streammare” le loro performance aiutando i neofiti a scoprire varie chicche interessanti dei loro titoli preferiti. Sulle stesse piattaforme vengono trasmessi eventi come i grandi tornei internazionali. Il pubblico nostrano non è rimasto indifferente, tanto che si stima che solo un italiano su 20 non abbia mai toccato un videogioco in vita sua. L’età media si è alzata parecchio: gli adulti si ritrovano sempre più spesso a giocare con i loro figli e non manca una minima percentuale di ultrasessantenni. I videogiochi sono praticamente per tutti.
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