Il concetto di economia virtuale (o economia sintetica) è nato con i multigiocatori di massa, dal momento che in simili titoli vi è la possibilità di avere uno scambio diretto di risorse tra giocatori. A volte, questo tipo di scambi si evolve in dei veri e propri marketplace, dei negozi virtuali in cui acquistare contenuto di gioco da altri giocatori. Ma è lecito gestire un’attività di questo tipo?
Che sia scambio della valuta di gioco, di oggetti che la valuta potrebbe acquistare, o di qualsiasi altro contenuto, si parla di economia virtuale, per dare un’idea semplicistica del significato del termine, ogni volta che gli utenti possono barattare qualcosa all’interno del gioco. Spesso però la valuta di gioco o alcuni contenuti possono essere acquistati tramite spesa di denaro reale, ed è per questo che nasce il dilemma della possibilità di interconnettere l’economia reale ad un’economia virtuale.
Fare economia reale sull’economia virtuale, ecco i virtual marketplace
Un primo esempio semplice di questo comportamento è quello di dare ad un giocatore un certo quantitativo di valuta di gioco o un altro contenuto utilizzabile in game, in cambio di denaro reale. Questo tipo di transazione è a volte parte integrante di un videogioco, laddove un giocatore ha la possibilità di acquistare con il proprio denaro reale del contenuto aggiuntivo da sfruttare in gioco. Ma che succede quando a vendere questo tipo di servizio è un utente, e non il publisher?
Alcuni publisher potrebbero vietare questo tipo di comportamento, magari perchè ritenuto poco etico, o per assicurarsi di avere il monopolio sulla vendita di questo tipo di servizio. Ma ultimamente sta invece diventando sempre più popolare lasciare agli utenti la possibilità di gestire un’economia virtuale vera e propria, probabilmente con lo scopo di evitare la nascita di veri e propri mercati neri come è accaduto per molti titoli come RuneScape e Guild Wars.
Ma quali sono i lati positivi e negativi del dare un valore economico reale a qualcosa che farebbe parte di un’economia virtuale?
Le problematiche legate al fenomeno
Oltre alla possibile nascita di veri e propri mercati neri, ci sono altre preoccupazioni riguardanti a cosa possa accadere se si dà agli utenti la possibilità di farsi pagare del denaro reale in cambio di oggetti o servizi relativi al gioco.
Una prima preoccupazione potrebbe essere quella dello sviluppo di forme di gioco d’azzardo o altre attività potenzialmente pericolose, se non illecite, legate a questo genere di scambi. Dove gira il denaro gira il crimine, in fondo, ed è facile immaginare come truffe ed altri crimini possano essere perpetrati anche in ambienti virtuali come quelli di un gioco online.
Inoltre, potremmo parlare della tassazione. Se un oggetto può essere acquistato avrà un valore commerciale, e se ha un valore commerciale, dovrebbe essere tassato. Ma se un giocatore lo ha ottenuto senza pagarlo, è giusto che sia tassato per il possesso di quell’oggetto? E’ un bene di valore, tracciabile, che il giocatore effettivamente possiede, in fondo. Su questo punto si potrebbero aprire infiniti scenari e discussioni, ma la situazione non è certo molto chiara.
A queste preoccupazioni più materiali, però, si accompagna il problema etico: è giusto che un giocatore appena arrivato possa sfruttare il proprio denaro per diventare più forte e rivaleggiare con chi ha speso molto tempo e impegno a migliorare il proprio personaggio?
Cosa offrono i virtual marketplace
Dunque arriviamo al punto. I virtual marketplace offrono servizi di ogni genere. E’ possibile sfruttare il proprio denaro per acquistare valuta ed oggetti in game, o per far sì che qualcuno utilizzi il nostro personaggio per renderlo più potente mentre, ad esempio, noi siamo a lavoro. Abbiamo esempi di questo genere di servizi su Eldorado.gg dove è possibile, tra le varie, rankare il proprio account di Valorant con l’aiuto di terzi. Alcuni vendono addirittura interi account già carichi di materiale, dei quali passano le credenziali a chi acquista.
E’ chiaro che nascono alcuni dubbi sulla possibilità che utilizzare questo tipo di servizio rompa l’immersività di un gioco, oppure che renda le cose troppo facili per chi ha denaro da spendere contro coloro che invece devono sudarsi quello che ottengono in gioco. Quindi, da dove nasce la controversia?
Il fatto è che, in fondo, se pensate le cose da un altro punto di vista, una persona che ha poco tempo da dedicare ad un gioco che, per quanto gli piaccia, richiede di passarne molto in un’attività triviale e ripetitiva, potrebbe trarre un grande beneficio da questo tipo di servizi. Non doversi collegare per passare le sue uniche due ore di gioco settimanali a farmare oggetti ed esperienza per diventare abbastanza forte da poter fare quel raid che magari suoi amici che hanno modo di giocare di più stanno già facendo, non sembra poi così male – anzi, sarebbe un vero e proprio miglioramento dell’esperienza di gioco.
Inoltre, bisogna considerare che, ipotizzando di tassare in modo adeguato i guadagni di chi gestisce un simile marketplace, passare intere giornate a livellare un personaggio o cercare oggetti su un gioco per poi rivenderli è un vero e proprio lavoro a tempo pieno, un’impresa che fornisce dei servizi a privati, per i quali servizi viene normalmente pagata.
E da questa dualità di punti di vista nasce la controversia per la quale alcuni utenti ritengono i marketplace siano un buono strumento, mentre altri credono che sia immorale e sbagliato. Voi che ne pensate?
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