La cultura giapponese gode di una certa popolarità in tutto il mondo, grazie presumibilmente al successo di concetti come quello della figura del samurai o del ninja, alla diffusione delle arti marziali giapponesi avvenuta anche grazie a molti attori (Bruce Lee, anyone?), e alla crescente affermazione di anime e manga anche in occidente.
Per questo è molto probabile che la parola “Kami” o “Yokai” non vi suoni nuova, ma per chi non lo sapesse indica degli spiriti che sono, per il popolo giapponese, oggetto di venerazione (ne parliamo approfonditamente qui). I kami sono generalmente spiriti positivi, e la loro controparte sono, appunto, gli Yokai.
Personaggi mostruosi in Yokai!
E sono proprio gli Yokai che andremo a interpretare nell’omonimo gioco di ruolo ideato da Moreno Pollastri, ed uscito recentemente in Italia dopo una campagna Kickstarter di successo. Lo scopo di queste creature, che comprendono tengu, kitsune, oni (si come quello protagonista della prossima serie animata Netflix) e molti altri mostri della mitologia giapponese, ciascuno con le proprie caratteristiche, è orientarsi nel mondo moderno, in una società che sta progressivamente smettendo di credere a loro e di temerli.
Purtroppo il timore è proprio ciò di cui si nutrono, e per questo devono riuscire a diffonderlo, spesso mischiandosi con gli umani in incognito per poter ottenere influenza e generare sempre più paura… O meglio, iniziando ad entrare nel sistema, Punti Paura.
I Punti Paura (PP) sono la principale meccanica di avanzamento del personaggio, e non solo. Otre a spenderli per utilizzare alcuni dei propri poteri, i personaggi potranno decidere di immagazzinarli ed usarli in seguito per incrementare le proprie caratteristiche… Ma a proprio rischio, dato che possederne molti significa divenire un faro per altri Yokai che sopravvivono sottraendo la fama ai loro simili.
Un po’ di tradizione
Capirete quanto può essere difficile per queste creature orientarsi nel mondo moderno, ed è per questo che tendono a scimmiottare alcune tradizioni che gli umani seguono in Giappone, come la famiglia allargata. Già, perché in Giappone era tipica (almeno prima delle guerre mondiali) l’usanza di non limitarsi ad un nucleo familiare composto ma madre, padre e figli, ma di allargarlo con più generazioni e accogliendo in casa le mogli degli uomini di famiglia e dunque formando, di fatto, un nucleo familiare di grosse proporzioni.
E questo è ciò che tendono a fare gli Yokai, riunendosi in clan che come delle enormi famiglie, si prendono cura dei loro interessi e permettono loro di avere molti loro simili con cui possano aiutarsi a vicenda. Certo che, beh, se non lo aveste capito, gli yokai non sono delle bellissime persone… Ed è per questo che spesso le famiglie somigliano più a clan della yakuza che a semplici nuclei familiari. Ma d’altronde, come farsi temere e rispettare se non con un po’ di criminalità vecchio stile?
Poche, semplici regole
Adesso che abbiamo chiaro di cosa si stia parlando, vi do anche qualche cenno sul come se ne parla. Come saprete, nei giochi di ruolo viene spesso inserita una componente casuale per la definizione del successo (o fallimento) delle azioni del personaggio. Una serie di statistiche definisce le capacità del personaggio e determina le sue probabilità di successo in un’azione. La componente casuale è spesso rappresentata dal lancio di un dado, ed in questo Yokai non fa eccezione, utilizzando un “d12 system” di creazione dello stesso autore.
Il regolamento è semplice e intuitivo, ma non per questo meno strutturato e curato di altri. Il sistema di tiro è piuttosto bilanciato infatti, e si notano senza dubbio le ore spese in playtest per ottenere un sistema funzionale.
Ogni personaggio, in sostanza, possiede caratteristiche ed abilità il cui punteggio va da un minimo di 10 ad un massimo di 99. Il punteggio di questa abilità rappresenta nelle sue due cifre il modo in cui il tiro va eseguito: il giocatore dovrà tirare un numero di dadi a dodici facce (d12) pari alla prima cifra del punteggio di abilità, e potrà sommare al risultato di un singolo dado la seconda cifra dello stesso punteggio (in caso la seconda cifra sia zero, sarà invece possibile ritirare un dado!).
Per ogni dado il cui risultato è 8 o superiore il giocatore ottiene un successo, mentre gli 1 sono fallimenti critici, che portano a conseguenze negative, e i 12 sono subarashii (“Grandioso!”), che oltre a valere come successo permettono di tirare un dado aggiuntivo.
Il numero di successi da ottenere per riuscire nell’azione desiderata varia in base alla difficoltà dell’azione stessa. La difficoltà di ogni azione, come in ogni buon GdR tradizionale, viene determinata dal Master (Sensei, in questo caso) che conduce il gioco.
Yokai! è un prodotto niente male
In conclusione, che dire?
Yokai è un prodotto curato e attento, che riporta in chiave moderna molte tradizioni giapponesi e lo fa nel migliore dei modi.
Il sistema semplice ma funzionale permette infatti ai giocatori di concentrarsi su quello che vogliono interpretare, e sul come farlo. Non tutti gli Yokai sono uguali, infatti, e dato che essendo così simili ai kami possono nutrirsi anche dell’adorazione ottenuta tramite il rispetto, non si è davvero obbligati a giocare personaggi sempre maligni.
Il tema principale del gioco è l’integrazione di creature dall’animo antico in una società moderna e scettica, ma un Sensei può portare al tavolo molto altro, e un sistema come questo non può che essergli d’aiuto, appunto, nel non dover pensare a mille statistiche per introdurre le trame che preferisce.
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