Zelda: Breath of the Wild, qualche impressione sui primi giorni di gioco

La farò molto breve: la mia vita ha subito un radicale cambiamento, dal momento in cui The Legend of Zelda: Breath of the Wild è entrato nella mia casa.

Sull’attesa che ha anticipato il gioco sarebbe davvero inutile sprecare delle parole. Sin dall’ultima presentazione, all’inizio di gennaio 2017, i giocatori di tutto il mondo, Nintendari e non, hanno aspettato con ansia l’arrivo sugli scaffali di quello che sembrava essere un punto di svolta per l’intera serie ed un punto focale per il videogioco in generale.

Ora, tirando le somme, ci gioco ormai da più di 20 ore.

Premetto, non sono il tipo da speedrun, mai fatte, mai le farò. Da fan della saga, oltre alla voglia di trovare risposte alle domande topiche (quando siamo nella timeline, chi sono i Link e Zelda protagonisti…) volevo anche prendermi del tempo per assaporare completamente tutti i grandi cambiamenti che sono stati fatti.
Dopo questa prova pratica, posso dire che “grandi” è un eufemismo.

Ovviamente non devo sottolineare l’evidenza: cioè che questo articolo avrà probabilmente qualche spoiler, piccolo o grande che sia, sulle meccaniche di gioco; in ragione di questo, avanzate a vostro rischio e pericolo. Di certo non avrete nulla di nuovo sul Boss finale o su particolari sconvolgimenti di trama, ma è bene essere preparati.
Come disse una volta un uomo saggio: “It’s dangerous to go alone.”
OK, forse non era proprio in merito a questo, ma ci accontentiamo.

zelda breath of the wild
Sempre sul pezzo, vecchio mio.

Partiamo dal fatto che, contrariamente a quello che pare essere il 99% della popolazione globale (o almeno della parte di popolazione che posso tenere sott’occhio nei social), io ho acquistato la versione WiiU del gioco.
A chi pensa alle critiche fatte in passato, posso dire di stare tranquillo: il gioco, almeno fino a questo momento, non ha subito alcun problema insormontabile, nonostante io abbia comunque preso parte a combattimenti piuttosto affiatati e mi sia divertito a far esplodere tutto il possibile – certamente vi capiterà di trovare qualche minimo calo, ma tutto dipende sempre dal grado di importanza che si da alla cosa: un freeze di mezzo secondo in un combattimento spettacolare può essere certamente fastidioso, ma sicuramente non pregiudica l’intera esperienza di gioco – tant’è che, secondo alcuni gameplay che si possono trovare in rete, tali pause di caricamento possono essere riscontrate anche su Nintendo Switch, anche se in maniera meno frequente.
Nessun calo di frame pazzesco dunque, come qualcuno poteva temere: la grafica rende benissimo e non c’è alcun problema nell’ammirare i paesaggi di Hyrule in tutta la loro vastità.
Nonostante tutto è sempre bene ricordarlo: se è vero che la versione WiiU è quella “nativa”, è anche vero che la versione per Nintendo Switch offre sicuramente una stabilità maggiore, oltre a tempi di caricamento più corti (ma non dovete pensare che quelli su WiiU siano infiniti).

D’altra parte, essendo principalmente impegnato sia nella trama che nell’esplorazione, è soprattutto la risposta dell’ambiente quella che mi ha più sorpreso – in senso ovviamente buono.
Se dai trailer avevamo visto abbastanza, la prova con mano è certamente molto più esauriente. I cambiamente climatici sono resi con maestria: dai fulmini che si scagliano sul terreno alle pozzanghere che si ingrossano, al vento tra l’erba alta. La forte presenza di animali arricchisce i nostri lunghi spostamenti – senza contare che potremo poi cacciare o domare cavalli per la nostra comodità; gli incontri con viandanti e viaggiatori sono molto frequenti ed inoltre è possibile incappare sempre in qualche imprevisto: potrebbe capitare infatti di trovare alcuni cercatori attaccati dai mostri, che potremo quindi aiutare in cambio di una ricompensa, oppure di essere attaccati da uno strano ninja votato al male con lo scopo di uccidere l’Eroe Hylia (giuro, non me lo sono inventato).
Tante cose che, messe insieme, contribuiscono a rendere l’ambiente di gioco vivo e vitale.

zelda breath of the wild
Se vi dicono che cucinare in questo gioco non è divertente, non credetegli.

Agganciandoci a questo discorso, una delle critiche che è stata spesso mossa al gioco è infatti quella di avere come palcoscenico un ambiente vastissimo ma eccessivamente “spoglio”, riferendosi alla distanza tra un villaggio e l’altro ed alla mancanza di personaggi in molte aree del gioco.
Se questo può essere vero, da un certo punto di vista – non ci saremmo certo aspettati di incontrare chissà quante persone in un’area costellata di rovine o in una prateria tra le montagne – dall’altro, la precisione e la cura dei dettagli rendono piacevolissimo anche il semplice scorrazzare tra i territori incolti.
Naturalmente questo punto di vista risente molto della personalità del giocatore stesso; per la natura delle quest stesse, potreste ritrovarvi a dover scarpinare per più di dieci minuti prima di trovare un punto in cui potervi fermare (c’è da fare per questo una piccola parentesi, aggiungendo il fatto che il gioco, forse in previsione dei suoi ampi spotamenti, ha previsto il salvataggio automatico in certe aree della mappa e dopo determinate azioni; con una normale azione di gioco, quindi, si dovrebbe avere un salvataggio al massimo ogni dieci minuti).
La possibilità di intraprendere diverse quest ci permette poi di trascorrere molto tempo in scioltezza, anche se alcune possono essere molto più impegnative rispetto ad altre.
Proprio in questa categoria ritroviamo i Sacrari.

zelda breath of the wild

Molti si ricorderanno di cosa stiamo parlando. Mostrati più volte lungo tutti i gameplay rilasciati dallo scorso E3 fino ad oggi, i sacrari sono sparsi per tutta Hyrule e, da quanto era stato detto, sono completamente facoltativi (tranne i primi quattro, ma questa è una piccola eccezione).
Se da una parte questo è vero, dall’altra è anche vero che il giocatore sarà “costretto” a completare tali sfide: nonostante vi sia infatti ancora la possibilità di aumentare la propria energia tramite Portacuori ottenuti dai Boss sconfitti, il giocatore potrà – ed in casi particolarmente ostici, si troverà – a dover completare tali Sacrari per collezionare quanti più Emblemi del Coraggio possibili, per scambiarli poi con la Dea, in cambio di un aumento di salute o di vigore.

Come si può capire, tutto resta facoltativo.
Però non so voi, ma io da Ganon ci andrei pompato al massimo. Così, sulla fiducia.

Si potrebbe poi spendere qualche parola sul combattimento stesso.
L’impostazione open-world ha infatti delle ovvie ripercussioni sul sistema delle lotte con i nemici casuali. Essendo un patito di Metal Gear Solid, non potevo non diventare il fan numero uno dell’assalto stealth, oppure con l’arco, nascosto nell’erba alta.
Comunque, qualunque sia il vostro approccio, ricordate una cosa sola: non fate l’errore di pensare ai combattimenti nello stile dei capitoli precedenti, soprattutto per quanto riguarda i mostri; credo di aver perso il conto di quante volte sono arrivato al Game Over per aver perso contro schiere e schiere di mostri. Una delle tante difficoltà aggiuntive risiede nel fatto che anche i nostri nemici hanno ora la possibilità di cambiare arma usando clave, pietre, frecce ed altro.

Oggi ho visto un Boblin gigante lanciarmi contro un boblin normale come arma. Giuro che è successo.

Ovviamente non è il caso di soffermarsi su ogni piccolezza, anche casuale, come la scoperta delle fonti delle Fate, tutte cose che contribuiscono a creare ancora di più quell’atmosfera che tanto ci era stata pubblicizzata prima dell’uscita del gioco.

Se però da una parte è giusto sottolineare, come fatto fino ad ora, la grande qualità della versione WiiU, c’è anche da fare qualche critica: quella maggiore riguarda senza dubbio l’uso scarno del GamePad.
Era già successo che il Pad venisse usato come schermo aggiuntivo in tempo reale, mostrando ad esempio le pagine dell’inventario oppure una videata generale della mappa in movimento, mentre la vera azione si svolgeva sullo schermo del televisore – entrambe le possibilità sono d’altra parte presenti nella versione HD di The Legend of Zelda: The Wind Waker; oltre ad esse era ovviamente possibile scambiare lo schermo di gioco, portando l’azione direttamente sullo schermo del GamePad, una comodità non da poco in certe situazioni.
Nel caso di Breath of the Wild, invece, lo schermo del Pad viene usato unicamente in quest’ultima situazione, restando completamente inutilizzato nel corso della normale partita.
Certamente questo cambiamento è avvenuto in vista di un porting su Switch; non possiamo però dimenticare come, nelle prime versioni del gioco mostrate nel 2014, il Pad avesse un ruolo ben più importante.

zelda breath of the wild

Infine, la parte forse più interessante per alcuni, quella riguardante la trama. Purtroppo, questa volta, questi ultimi resteranno delusi.
Come già avevo accennato, le ore che ho trascorso su questo gioco sono ancora “poche” per poter avere un quadro generale.
Se in un altro Zelda essere a più di 20 ore di gioco è ormai un ottimo punto, in questo capitolo il tempo è dilatato in maniera spaventosa (badate, non è una brutta cosa). Complice la mappa enorme, la miriade di quest da compiere ed il fatto stesso che la trama sia sapientemente dilazionata, è ancora troppo presto per poter dire qualcosa.

Quindi non potrò fare il mio solito giochetto sulle timeline che tanto mi diverte, peccato.

Ci sarebbe dunque solo da tirare le somme, guardando al lavoro completo ed alle decisioni di Nintendo attuate sul gioco.
Non c’è da prenderci in giro. The Legend of Zelda: Breath of the Wild è a tutti gli effetti un cambiamento totale dell’idea della saga che fino ad ora era stata portata avanti; questa nuova visione potrà certamente trovare i suoi detrattori, legati forse a quell’idea di uno Zelda open-world più “datata” ma certamente classica, come era ad esempio quella di Ocarina of Time o dell’ottimo Twilight Princess; l’idea è chiaramente quella di far crollare ogni “barriera” prima esistente e questo riguarda non solo i limiti tecnici ma anche quelle convenzioni che obbligavano il giocatore a seguire un determinato schema – e lo vediamo soprattutto nei dungeon, non più “a tema”.

Con un occhio imparziale, dunque, è giusto affermare di trovarci davanti ad un capolavoro del videogioco odierno.
Con un occhio da fan mi chiedo come sia possibile che voi siate ancora qui e non a giocarci.

 

 

 

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Tommaso Mellace

Cresciuto sin dalla tenera età a pane e videogiochi, passa i primi anni della sua vita eliminando astronavi su XataX e sparando raggi laser contro lumache aliene in Commander Keen 4, fino ad entrare in contatto con il variopinto mondo Pokémon, di cui è schiavo tutt’oggi. Grazie ad MTV conosce il mondo giapponese, bombardando il suo cervello di dodicenne con anime quali Trigun e Neon Genesis Evangelion, i cui effetti si riveleranno devastanti. La presa di coscienza dell’esistenza del fumetto americano sarà il colpo finale per la sua vita, che spazia oggi tra una missione di Metal Gear ed un numero di Batman. Appassionato anche di musica, passa il resto della giornata a suonare la sua chitarra elettrica, passando da un riff dei Megadeth al main theme di Legend Of Zelda. Dovendo prendere come punto di riferimento i dati immagazzinati nella sua testa, è autore di diverse trame per altrettanti diversi progetti. Il problema principale è la sua totale pigriza, che lo porta a non scrivere mai nulla di quello che immagina, con conseguente perdita totale di ogni buona idea. Si spera che adesso possa cambiare qualcosa.
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