Che le stelle non siano “fisse” nel cielo è un fatto ben noto già dai tempi di William Herschel, che studiò il moto proprio di un enorme numero di stelle; oggi sappiamo non solo che la stragrande maggioranza si muove in gruppo secondo certi flussi, intorno al centro galattico, ma anche che esistono alcuni casi particolari di moti del tutto “fuori schema” se confrontati con quelli del resto dei corpi celesti; e recentemente è stata trovata una stella che in questo senso è davvero molto particolare: agli studiosi è nota con la sigla S5-HVS1 e ciò che la rende “diversa” dalle altre sue compagne è l’incredibile velocità che possiede (di fatti la sequenza HVS nella sua sigla è l’acronimo inglese per Stella Iper Veloce), la quale, insieme alla traiettoria che sta descrivendo, la proietterà fuori dalla nostra galassia, pur essendosi originata nella sua zona centrale.
Com’è possibile questo? Come può avvenire che una stella possa fuggire dalla galassia a cui appartiene, in questo caso la Via Lattea? E’ colpa di un Buco Nero…
Il Buco Nero che spinse una stella fuori dalla Via Lattea
Quando una galassia è formata, la sua gravità normalmente impedisce agli oggetti che essa contiene di allontanarsi tanto da distaccarsi da essa, un po’ come sulla terra che, per quanto forte possiamo spingerci a saltare, normalmente non possiamo arrivare alla Luna con un balzo; eppure, dirà qualcuno, sulla Luna ci siamo stati; certo ma pur essendo oggi un fatto normale, non lo fu la prima volta; e come noi abbiamo trovato un modo per fuggire dalla Terra, così si può trovare un modo per fuggire dalla Via Lattea.
Questo meccanismo che potrebbe accelerare le stelle fino a farle raggiungere la velocità di fuga della galassia fu proposto dall’astronomo Jack Hills circa 30 anni fa, e prevede che un sistema binario di passaggio in prossimità del Buco Nero Centrale della galassia, dopo essere stato catturato si scomponga nelle due componenti, le quali a questo punto subiranno un destino differente, anzi opposto: mentre una cadrà inevitabilmente nella singolarità, l’altra subirà un’accelerazione tale da imporle velocità elevatissime (possibilmente anche la velocità di fuga galattica) arrivando potenzialmente a fiondarla fuori dalla galassia stessa.
Di recente alcuni ricercatori, guidati da Sergey Koposov del McWilliams Center for Cosmology della Carnegie Mellon University nell’ambito del South Stellar Stream Spectroscopic Survey (S5), hanno individuato questa stella nella costellazione della Gru.
Secondo un comunicato stampa, la stella stava viaggiando a soli 29.000 anni luce dalla Terra, o “praticamente dalla porta accanto per gli standard astronomici”. In aggiunta hanno affermato che la stella “in fuga” viaggiava a una velocità circa 10 volte più veloce della maggior parte delle altre stelle della galassia.
La velocità della stella scoperta è così alta che inevitabilmente lascerà la Via Lattea e non tornerà mai più, ha affermato il coautore Douglas Boubert dell’Università di Oxford.
Quindi, in conformità col meccanismo di “lancio” menzionato prima, tale stella doveva trovarsi necessariamente nella zona centrale della nostra galassia, eppure sta passando “vicino” a noi, perciò diviene normale porsi la domanda: quando è avvenuto il lancio?
Cioè, anche tenendo conto dell’elevatissima velocità della stella, valutata attorno ai 6 milioni di km/h, considerato che Sagittarius A*, il buco nero super massiccio che l’ha accelerata, si trova ad oltre 25000 anni luce da noi, è ovvio che debba averci impiegato un certo tempo a raggiungere la sua posizione attuale, quanto tempo però?
Stando a quanto i ricercatori sono riusciti a ricavare dalla traiettoria della stella, considerando la sua velocità di crociera sono giunti alla conclusione che il tutto avvenne circa cinque milioni di anni fa, quando ancora gli antenati dell’umanità stavano solo imparando a camminare su due piedi; anche questo la dice lunga su quanto sia grande la nostra galassia, e quanto breve ancora risulti la nostra presenza in essa.
La scoperta
L’affascinante scoperta è stata possibile grazie al Telescopio anglo-australiano (Aat), un telescopio da 3,9 metri, e al satellite Gaia dell’Esa nell’ambito della Southern Stellar Stream Spectroscopic Survey (S5), ennesima dimostrazione che certi risultati si possono ottenere solo nell’ambito di cooperazioni e attività congiunte, che dovrebbero divenire uno standard per la scienza moderna.
Forse ci saremo già estinti quando S5-HVS1 giungerà a varcare i confini della nostra galassia, o forse ci saremo evoluti sufficientemente da vivere più a lungo ed aver colonizzato ogni quadrante della Via Lattea (come piaceva pensare ad Asimov), fatto sta che potremo sempre tenerci informati nel mentre questo avviene e seguire l’evolversi corrente di questo strano viaggio, basta un po’ di curiosità in più, tanto gli strumenti per informarci, quelli li abbiamo per certo.
Fonti: CBS News per la notizia; MediaINAF per la trasposizione ed elaborazione italiana; Wikipedia per i dati.
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