Come mia abitudine, inizio con una citazione o un rimando ad un film. Chi di voi ha visto Trascendence? Il film del 2014 che vedeva come protagonista un abile Johnny Depp nei panni di uno scienziato che come suo ultimo atto prima della morte, ha letteralmente caricato la sua mente e coscienza in una macchina. Bene, in un certo senso gli scienziati del MIT hanno fatto una cosa simile e i protagonisti dell’esperimento sono delle persone in uno stato terminale della loro vita. Ma andiamo a vedere i dettagli della ricerca.
La scienza si sta interessando molto alla conservazione della persona digitale: con Augmented Eternity, il MIT è riuscito nell’intento
Al Massachusetts Institute of Technology (MIT), gli scienziati hanno iniziato a sviluppare la tecnologia dell'”immortalità digitale”. Venticinque volontari, inclusi pazienti con malattie terminali, hanno firmato il permesso di analizzare i loro post, le attività generali e le preferenze sui social media per creare uno stampo digitale della loro personalità che continuerà a imitare la vita dopo la morte del suo prototipo. Secondo i ricercatori, la loro tecnologia, che si chiama Augmented Eternity, consentirà in futuro alle copie digitali di preservare l’eredità e l’identità degli utenti originali e comunicare con i parenti in lutto.
Tra i partecipanti ci sono anche specialisti di alto livello che vogliono condividere la saggezza con coloro che ne hanno bisogno anche dopo la loro morte biologica. In sostanza l’obbiettivo finale è quello di costruire una “mente universale” anche dopo la morte. Sarà dunque possibile attingere alla conoscenza delle persone ormai morte.
Hossein Rahnama, professore alla Toronto Metropolitan University e affiliato di ricerca al MIT Media Lab, ha detto:
E se potessi selezionare l’identità digitale di una persona deceduta da un social network e attivarla come ontologia collegabile a Siri del tuo iPhone e fare una domanda?
Come vediamo, l’applicabilità dell’esperimento (qualora riuscisse) è molto varia. Insomma, potremmo anche utilizzare questa identità digitale come compagno/a, assistente, segretario/a e così via.
Ma non è tutto oro quel che luccica. Il MIT avverte che ciò non funzionerà per copiare completamente il comportamento di una persona deceduta. La rete neurale non sarà in grado di duplicarlo interamente. Sarebbe interessante se il team iniziasse con la digitalizzazione di personaggi famosi, le cui dichiarazioni nei social network e nei libri si sono abbastanza per “addestrare” adeguatamente la rete neurale. Se alla fine gli esperimenti con i personaggi famosi non saranno così impressionanti, è improbabile che la tecnologia possa far fronte all’imitazione di una personalità poco conosciuta. I dati, in questo caso, potrebbero essere pochi.
Alla fine, comunque, questo mi ricorda molto uno degli episodi della serie TV Black Mirror. A voi no?
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