“All the stories are true”, “Tutte le storie sono vere”, possiamo dire, citando un fantasy molto popolare degli ultimi anni. Questo per ricordare che, in tutte le leggende metropolitane, in tutte le fiabe e miti raccontati la sera prima di andare a letto, si nasconde, quasi sempre, una parte di verità. Tutti conosciamo la storia di Mowgli, il cucciolo d’uomo cresciuto da un branco di lupi amorevoli e divenuto, poi, il protagonista di uno dei classici Disney più amati di sempre: Il Libro della giungla. O, ancora, le vicende di Tarzan, del quale, però, seguiamo la vita fino alla sua età adulta fra gorilla, elefanti e scimmie. Semplici leggende? Fatti mai accaduti e sui quali bambini e adulti si divertono a fantasticare? È possibile che degli animali siano in grado e provino quella sorta di “amore umano” per crescere un cucciolo d’uomo? Esistono o sono esistiti dei bambini selvaggi, ovvero casi reali di bambini cresciuti da animali? Oxana Malaya e altri nomi, sono la prova tangibile alle risposte a cui incorrerete in questo articolo.
Bambini Selvaggi
Possibile lo è, lo dimostrano alcune delle storie che vi riporterò con questo articolo ma, quasi superfluo specificarlo, prima di iniziare vorrei ricordavi una cosa.
Dimenticate le storie Disney. Dimenticate l’atmosfera “rose e fiori” presente in quasi tutte le vicende di questo tipo che vi sono state raccontate da piccoli. Abbandonati o persi nella giungla, destinati a una fine di stenti per fame, freddo o a diventare vittime di predatori.
Eppure scampati alla morte e ritrovati dopo anni, nudi, con gli occhi assenti, incapaci di camminare eretti e di parlare, adattati a muoversi velocemente a quattro zampe o ad arrampicarsi sugli alberi.
Quelle di cui leggerete adesso, sono il risultato di crudeltà di cui solo gli uomini sono capaci, di abbandoni e traumi che solo pochi di questi bambini sono riusciti a superare. Ma, senza demoralizzarci troppo, sorvoliamo sulla drammaticità di queste storie e andiamo a scoprirle singolarmente.
Victor
Uno dei primi casi registrati nella storia, di cui si abbia una traccia scritta, risale al 1798 quando fu catturato nei boschi francesi dell’Aveyron un ragazzino selvaggio di 12 anni, dopo essere vissuto molti anni in isolamento, nello stato più selvaggio e, per questa ragione, del tutto incapace di comunicare e relazionarsi a qualsiasi livello con i suoi simili.
Questo “ritrovamento” suscitò un vivo interesse fra i tardo-illuministi perché il ragazzo selvaggio era ai loro occhi un caso ideale per studiare le basi della natura umana, per stabilire che cosa caratterizza l’uomo e quale ruolo gioca la società nello sviluppo del linguaggio, dell’intelligenza e della morale.
Victor, così fu chiamato, non era un bambino nel senso proprio del termine, perché aveva un corpo del tutto adulto e sviluppato, ma l’assenza di una educazione aveva prodotto in lui non solo abitudini e modi da animale, bensì anche sensi e fisiologia molto diversi da quegli umani.
Nonostante tutti gli sforzi, fece però dei progressi molto limitati. Victor imparò abbastanza presto a comunicare con una sorta di pantomime (per esempio, se voleva uscire portava il cappotto e il cappello al suo tutore), ma non riuscì mai a parlare. La sua storia è la dimostrazione del fatto che la natura umana e il linguaggio non sono parte integrante della nostra genetica e che, perciò, non possono essere “risvegliati” in qualsiasi momento.
Oxana Malaya
Il secondo caso è quello di Oxana Malaya, la bambina cresciuta da un gruppo di cani. Siamo nel 1983, in Ucraina, dove la povertà rende il valore della vita umana qualcosa su cui si può soprassedere. La storia di questa bambina è fra le più tristi conosciute.
Figlia di genitori alcolizzati, vittima delle loro incurie, un giorno rimase chiusa fuori casa e, per non morire di freddo, alla sola età di 3 anni, fu spinta dal suo istinto fra i boschi vicino casa dove fu accolta da un branco di lupi.
Nessun provvedimento contro i genitori che non si curarono neanche di fare la denuncia per la sua scomparsa. Fu così che la piccola crebbe dimenticandosi di essere un’umana, dimenticandosi anche l’esiguo linguaggio imparato.
Fu ritrovata cinque anni dopo da un cacciatore, che la vide correre a quattro zampe e ringhiare come un animale, interessata solamente come cibo alla carne cruda.
Venne riportata alla sua famiglia che, come se non bastasse, la legò a una catena in giardino “per nulla contenta di dover crescere un animale dalle sembianze umane”.
L’unico amore che conobbe la bambina fu quello di alcuni cani che, vedendola indifesa, iniziarono a proteggerla e a prendersi cura di lei, dandole il calore necessario per poter sopravvivere.
Oxana ha appreso le movenze e gli atteggiamenti dei cani e dei lupi, comunicava abbaiando, invece di piangere guaiva, camminava a quattro zampe e ringhiava.
Gli assistenti sociali, dopo la nuova segnalazione, hanno tolto la bambina alla madre per affidarla a un istituto, nel quale hanno cercato di istruirla come umana ma, fino ai 16- 17 anni, ha continuato ad avere abitudini canine.
Oggi ha superato i 30 anni e ha ancora difficoltà ad integrarsi totalmente nella società e spesso scappa dalla vita cittadina per tornare alla sua vera casa, ovvero il bosco. Quando ci si chiede chi sia davvero la bestia…
Marina Chapman
Un altro caso davvero famoso fu quello di Marina Chapman, allevata dalle scimmie. Una storia, questa, che potete leggere nella sua biografia “La bambina senza nome”, edito in Italia da Piemme.
Una storia che sembra più un romanzo, ma è la vita realmente vissuta da questa donna che negli anni ’50 venne rapita dalla sua casa in Colombia, per essere poi abbandonata nella giungla e allevata da un gruppo di scimmie cappuccino.
Grazie a questa “famiglia”, con cui vive per 5 anni, impara ad arrampicarsi sugli alberi e a catturare uccelli e conigli a mani nude.
Ma la sua straordinaria vita ha risvolti altrettanto avventurosi, quanto drammatici: un giorno viene ritrovata da una coppia di cacciatori, che, invece di metterla in salvo, la vende in cambio di un pappagallo a un bordello nel nord-est della Colombia.
Lì viene picchiata ed avviata alla prostituzione, ma la sua volontà e la sua capacità di sopravvivere hanno la meglio: in breve riesce a fuggire saltando da una finestra.
Da quel momento comincia a vivere per strada campando di espedienti, fino all’età di 17-18 anni, quando una famiglia colombiana la prende con sé come serva.
È in quel periodo, quando le chiedono il suo nome, che la ragazza, da un anfratto della memoria, tira fuori il nome Marina Luz.
Riuscì a raccontare della sua drammatica e, per certi versi, straordinaria vita al marito solo nel 1977 e, dalla sua incredibile rivelazione, nacque il libro che sconvolse il mondo.
Amala e Kamala
Altra storia, altro caso, questa volta documentato dal reverendo Joseph Singh, missionario di un orfanotrofio di Midnapore, in India.
Nel 1920 il reverendo volle verificare alcune segnalazioni di contadini che riferivano di aver visto due bimbe fra i lupi.
Si appostò su un albero fuori da una piccola grotta, dove si sospettava si rifugiassero questi animali. Vide uscire i lupi e subito dopo entrò nella tana, dove trovò due bambine che camminavano a quattro zampe.
Una aveva circa 8 anni, l’altra solo un anno e mezzo. Lavate e ravvivate, Amala e Kamala assunsero un aspetto più umano, ma l’opera di “addomesticazione delle bambine-lupo” era solo all’inizio.
Sotto quasi tutti gli aspetti, le bambine apparivano due selvagge: strisciavano sulle mani e sulle ginocchia, ringhiavano rabbiosamente agli esseri umani e avevano paura della luce del giorno mentre di notte ululavano alla luna.
Volevano solo carne cruda e frugavano tra i rifiuti per trovare le interiora di pollo o altri resti animali da mangiare. Dopo un anno, le “bambine-lupo” si ammalarono gravemente, e nonostante gli sforzi del medico, Amala, la più piccola, morì di una malattia renale.
Nessuna delle due aveva mai mostrato la più piccola traccia di emozione prima di allora, ma Kamala pianse alla morte della compagna e, da allora, subì un grande cambiamento.
Lentamente assunse caratteristiche più umane, cominciò a vestirsi da sola e a imparare qualche parola. Prese anche a camminare eretta per brevi distanze. La ragazza, però, morì a 17 anni della stessa malattia che pose fine alla vita della “sorella”.
Questi sono solo alcuni dei casi più famosi, documentati e di cui si hanno persino delle foto, di cui si ha memoria. Purtroppo, come vi avevo anticipato, non c’è nulla di romantico, nulla di romanzesco.
Si tratta di storie drammatiche, senza lieto fine e che dimostrano soltanto una cosa. “Umani” si diventa e non si nasce.
Paola
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