Oggi come a tanti altri mi è capitata sott’occhio la lettera d’addio di un suicida trentenne che sta facendo il giro di Internet, tale Michele.
Tralascerò volutamente il mio giudizio sui social network e sull’interesse reale che ha sugli argomenti di cui parla la varia umanità che li popola.
Lo tralascio perchè sappiamo bene che tutti si preoccupano del terrorismo tre giorni fa, della libertà di stampa l’altroieri, del terremoto ieri e del suicida oggi, giorno per giorno dimenticandosi il tema del giorno prima. Quindi risponderò esclusivamente al testo specifico della lettera specifica, che potete trovare qui.
Caro Michele,forse non te lo aspetti, ma io non contesto affatto la tua scelta.
Ti dico solo che le domande e le sfide, le delusioni e gli sforzi non premiati nella vita non finiscono mai, per nessuno.
La tua vita non è speciale, siamo tutti nella stessa identica situazione.
Tu sei stanco di fallire, sei stanco di perdere, sei stanco di avere critiche, delle relazioni interpersonali che bolli come sprecate e dannose perchè non ne trai soddisfazione. Sei stanco di un’invidia che nessuno ti obbliga a provare. Sei stanco di dover giustificare una tua esistenza ed essere all’altezza delle aspettative altrui quando potresti realizzare che in realtà non è necessario farlo.
La sensibilità è una grande qualità, che però non deve essere necessariamente la chiave del tuo successo o essere riconosciuta e vezzeggiata. Una qualità non deve necessariamente renderti un vincente.
Caro Michele, tu in realtà sei stanco di metterti in gioco.
Caro Michele, la società moderna è cattiva. Ma la società di ogni tempo è sempre stata cattiva. Non è una realtà sbagliata, è LA realtà sbagliata di goni tempo. Questa società non ha premiato te, ha forse sbeffeggiato le tue ambizioni, ha insultato i tuoi sogni, ma per tanti altri non è successa la stessa cosa.
Rispetto alla realtà industriale fordista di qualche decennio fa c’è molta meno praticità e molto più spazio per sopravvivere di pura creatività per tanti. Purtroppo non è successo a te.
Caro Michele, da nessuna realtà si è mai potuto pretendere niente.
Nè il lavoro, nè l’amore, nè il riconoscimento, nè la sicurezza. Si può solo fare la propria parte mettendosi nelle condizioni di ottenere tutte queste cose e lavorare in quella direzione, sperando. E imparando dagli errori e soffrendo delusioni, patendo sconfitte.
La vita è sofferenza. Resistere alle difficoltà logistiche, pratiche, emozionali e psicologiche, affrontarle, è la controparte moderna di non dover più procacciarsi il cibo perchè esistono i supermercati.
“Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione”
Caro Michele, tu stai denunciando una società non a misura d’uomo (e lo è!) perchè sei deluso che non sia a misura TUA.
Caro Michele, se la felicità fosse un diritto istituzionalmente riconosciuto, le istituzioni mondiali sarebbero destinate al fallimento. La società moderna cerca di garantirti gli strumenti coi quali puoi crearti da solo la tua felicità.
Nascere in tempi difficili è un’opportunità per non sedersi a piangere e fare qualcosa di diverso. Le difficoltà sono sempre state un motore di innovazione, ricostruzione e rinascita.
Il problema non è quello dei tempi, è quello di una generazione che non ha capito che niente è donato, niente è eterno, e che homo faber fortunae suae vale anche nel 2017.
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