La cerimonia degli Academy Awards notoriamente detta “La notte degli Oscar” costituisce l’evento più prestigioso e atteso dell’anno, un momento in cui l’arte della settima musa viene celebrata attraverso il conferimento delle iconiche statuette dorate. Ma dietro il red carpet c’è un processo decisionale articolato e rigoroso che in pochi conoscono.
La struttura dell’Academy Awards e il processo di ammissione
L’Academy of Motion Picture Arts and Sciences (AMPAS), fondata nel 1927, rappresenta l’istituzione responsabile dell’assegnazione degli Oscar. Attualmente, questa organizzazione comprende oltre 10.000 professionisti del cinema, suddivisi in diverse categorie che rispecchiano la complessa articolazione dell’industria cinematografica: registi, attori, sceneggiatori, produttori, tecnici del suono, esperti di effetti visivi e molti altri.
Piccola parentesi.
L’ingresso in questa élite culturale è subordinato a un rigido processo di selezione e questo ha portato, insieme ad altri problemi, ad una sorta di rivolta nel 2019. Come ha detto Martin Scorsese, “l’Academy rappresenta una comunità di pari che riconosce l’eccellenza dei propri simili“.
Con tono critico, ha voluto appoggiare lo scontro tra il comitato e i settori Fotografia, Montaggio, Trucco e Parrucco e Cortometraggi che si sono ritrovati fuori dalla premiazione durante gli Oscar del 2019.
Ora torniamo all’organizzazione della premiazione.
Ogni candidato deve ricevere un invito formale da parte dell’organizzazione, basato sui suoi contributi significativi al mondo del cinema. Questo meccanismo di cooptazione garantisce che solo i professionisti di comprovata esperienza e talento possano partecipare al processo decisionale degli Oscar.

Le fasi del processo di selezione degli Oscar: un sistema a due livelli
Il percorso che porta all’assegnazione delle statuette si articola in due momenti distinti:
Fase delle nomination: durante questo primo step, i membri votano esclusivamente all’interno della propria categoria professionale. Gli attori, ad esempio, propongono le candidature per le categorie interpretative, mentre i registi selezionano i colleghi meritevoli di riconoscimento. L’unica eccezione è rappresentata dalla categoria “Miglior Film”, per la quale tutti i membri dell’Academy possono esprimere le proprie preferenze. Questa segmentazione iniziale garantisce che la valutazione tecnica venga effettuata da esperti del settore specifico
Votazione finale: una volta definite le cinquine dei candidati (o le decine, nel caso del Miglior Film), tutti i membri dell’Academy partecipano alla selezione dei vincitori. Per assicurare l’assoluta segretezza e imparzialità del processo, l’intera procedura è supervisionata da PricewaterhouseCoopers, una società di revisione indipendente che garantisce il rigore metodologico del conteggio. Fino al momento dell’apertura della famosa busta sul palcoscenico del Dolby Theatre, solo due rappresentanti di questa azienda conoscono i nomi dei vincitori
I requisiti di ammissibilità
Non tutte le produzioni cinematografiche possono concorrere agli Oscar. L’Academy ha stabilito criteri precisi che definiscono l’idoneità di un’opera:
il film deve avere una durata minima di 40 minuti, soglia che distingue i lungometraggi dai cortometraggi (che hanno categorie dedicate);
la proiezione deve avvenire in una sala cinematografica commerciale della contea di Los Angeles per almeno sette giorni consecutivi entro l’anno solare di riferimento;
l’opera deve rispettare determinati standard tecnici in termini di risoluzione, formato e qualità audio.
Una cosa curiosa che sta accadendo da qualche anno a questa parte è che questi parametri hanno generato interessanti adattamenti strategici per le aziende dello streaming. Piattaforme come Netflix, Amazon Prime e Apple TV+ organizzano proiezioni cinematografiche limitate dei loro titoli di punta per soddisfare i requisiti dell’Academy, creando un ponte tra la distribuzione tradizionale e le nuove modalità di fruizione cinematografica.

Il sistema di voto: vige la matematica
Il meccanismo di voto utilizzato per la categoria più prestigiosa, quella del “Miglior Film”, è davvero interessante. Contrariamente a quanto avviene per gli altri premi, dove vige il principio della maggioranza semplice, in questo caso l’Academy adotta un sistema preferenziale ispirato al metodo elettorale di Thomas Hare, teorizzato nel XIX secolo.
Ogni votante è chiamato a stilare una classifica completa dei film candidati, ordinandoli dal più apprezzato al meno gradito. Se un’opera ottiene immediatamente più del 50% delle prime preferenze, viene proclamata vincitrice. In caso contrario, il titolo con il minor numero di primi posti viene eliminato e i suoi voti vengono ridistribuiti in base alle seconde preferenze espresse dai votanti. Questo processo continua fino a quando un film non raggiunge la maggioranza assoluta.
Come sempre, il marketing premia
A Hollywood, l’Oscar non si raggiunge solo con la qualità artistica ma anche e soprattutto grazie a delle strategie di comunicazione e posizionamento. Le case di produzione investono milioni di dollari in campagne promozionali per posizionare nel migliore dei modi i propri film.
In questo, purtroppo o per fortuna, colossi come Netflix giocano in vantaggio visto che ad una diminuzione di persone che vanno al cinema corrisponde un aumento di utenti abbonati. Ciò si traduce in una maggior potenza di fuoco per loro.
La tempistica di uscita rappresenta un fattore cruciale: i film distribuiti nell’ultimo trimestre dell’anno godono di un vantaggio significativo, rimanendo freschi nella memoria dei votanti durante il periodo delle nomination. Non a caso, il periodo compreso tra ottobre e dicembre è comunemente definito “Oscar season”.
Le proiezioni private per i membri dell’Academy poi costituiscono un elemento fondamentale della strategia promozionale. Come ha osservato il produttore Harvey Weinstein prima della sua caduta in disgrazia, “vincere un Oscar è per il 50% questione di qualità del film e per il 50% efficacia della campagna“.