Che cos’è una fake news? Aggirando le interpretazioni di parte, è un’informazione distorta che non corrisponde alla realtà, deformata “su misura” o, addirittura, totalmente inventata. Non si deve cadere nell’errore di credere ad interpretazioni sbagliate della notizia.
Le differenze tra una bufala creata ad arte ed un errore giornalistico, per esempio, sono notevoli e vanno affrontate in modi differenti. “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”, scriveva Sant’Agostino d’Ippon nel periodo della scolastica medievale.
L’origine della Fake News
Il film “Quinto potere” del ’76, diretto da Sidney Lumet, affronta il tema dell’informazione pilotata, in toni drammatici, caricaturali ma che descrivono perfettamente la realtà “che fa notizia”. Dall’avvento dei mass media, la comunicazione da mezzo riservato a gruppi ristretti di individui, è diventata di massa, talmente amplificata e facilmente interpretabile che anche la realtà descritta può uscirne stravolta.
Le grandi testate giornalistiche hanno perso terreno con l’arretramento del proprio monopolio sull’informazione imposto dalla nascita dei social network come Facebook o Whatsapp, che rendono le notizie di tutto il mondo accessibili da ogni parte del globo rendendo ulteriormente democratico uno strumento già ampiamente collaudato, avvicinandolo ad una pericolosa deriva ovvero la facile manipolazione dei dati sensibili, delle preferenze, delle idee e delle scelte dei fruitori di contenuti.
La popolazione di laureati e dottorandi, ovvero coloro in possesso di un titolo di studio elevato, sono anche in percentuale i maggiori anticorpi sociali contro le fake news, poiché con un elevato indice d’istruzione sono in grado di rielaborare compatibilmente con la realtà sensibile ciò che effettivamente ad essa corrisponde. La tendenza si inverte negli strati di popolazione in possesso di titoli di studio inferiori alla laurea e con una situazione socio-economica modesta, più facilmente soggetti alla disinformazione o all’informazione di parte.
Questi si rivelano essere, nella maggior parte dei casi, un ottimo bacino di utenza per il cosiddetto “clickbait” e i siti diffusori di “bufale”, prede per quei gruppi editoriali in cerca di incrementare i guadagni con facili scoop o prede di politici in cerca di voti, sfruttando le armi del populismo e della demagogia.
La responsabilità dell’informazione
La disinformazione non è trasmessa soltanto dai mezzi convenzionali come la radio, i giornali, la tv e i social network, per mezzo delle bufale e le fake news, ma anche dal sempre maggior tentativo del mondo dello spettacolo di intercettare prepotentemente i gusti anche degli under 30, la fascia giovanile, il futuro che verrà, sempre esposto a programmi diseducativi che incitano al culto della bellezza fine a sé stessa, del materialismo sfrenato, della competizione degli uni con gli altri.
La disinformazione è anche questo: deviare qualcuno da qualcosa che deve essere affrontato, deviare le giovani menti dai problemi reali come l’inquinamento, la fame, le tensioni crescenti in ogni parte del globo, un continuo distogliere dall’attualità creando nelle menti dei giovani un mondo parallelo, fatto di troppi diritti e pochi, pochissimi doveri.
Spesso, l’informazione è adattata ai gusti soggettivi del pubblico, niente di più abominevole, nient’altro che un’offesa all’onestà intellettuale di ognuno, che non merita di essere costantemente bombardato da informazioni inverosimili, costruite ad arte per confondere nelle idee e nelle azioni. “Il primo caso conosciuto di un uomo che fu ucciso perché aveva un basso indice di ascolto […] “, citando proprio la battuta finale di “Quinto Potere”.
Chi fa informazione ha una responsabilità altissima che grava sulle sue spalle, non è un semplice contenitore di contenuti, è un educatore che ha potenzialmente milioni di ascoltatori da informare e indirizzare verso il futuro, quello vero.
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