Idles: l’analisi dei brani di Joy as an Act of Resistance

Una recensione dell'ultimo lavoro della band inglese in vista di una prossima uscita

Gira voce che la band Idles, da Bristol, stia preparando il suo terzo album. Colgo questa occasione per parlare del loro ultimo lavoro: Joy As An Act Of Resistance. Uscito ormai da poco più di un anno, precisamente il 31 agosto 2018, mi ha accompagnato in ogni momento musicale rovinandomi un po’ le corde vocali.

idles
Da sinistra a destra: Mark Bowen (Chitarra), Adam Devonshire (basso), Jon Beavis (batteria), Joe Talbot (voce), Lee Kiernan (chitarra)

La band si è fatta un nome con il primo album autoprodotto, Brutalism, uscito un po’ in sordina, accompagnato dalla fama delle loro performance live energiche e violente.

Il loro Punk, influenzato da hardcore e post, è una dichiarazione di guerra al Regno Unito della Brexit. Sarcasmo e rabbia si fondono in Brutalism, ma è in Joy che gli Idles cercano di fare un passo avanti con meno rancore.

Il titolo stesso sottolinea il modo in cui dobbiamo resistere. Se cercate qualcosa che vi da la carica e vi infiamma ad ogni ascolto con crudezza e sarcasmo tagliente, che vi faccia ridere mentre urlate come dei forsennati allora fatevi avanti.

1 – Colossus 

It’s coming

It’s coming

La prima traccia dell’album è Colossus. Un crescendo che parte con batteria minimale e basso dalla distorsione croccante che nei live diventa ancora più dura di quanto possa essere quella in studio. La voce di Talbot, borbottante e quasi sbiascicata, la accompagna apparentemente in modo delicato. La fine dei versi tradisce la rabbia che inizia ad uscire dal suo cantato a denti stretti. Le chitarre si uniscono all’unisono e il crescendo esplode in coro finale incalzato dal conto alla rovescia che rompe il silenzio.

It goes and it goes and it goes

2 – Never Fight A Man With A Perm

Un riff pungente e tagliente apre la canzone. Basso e batteria spingono la sezione ritmica che avanza inarrestabile. Joe canta ironico dando la sua versione di These Boots Are Made For Walkin. Ma non c’è solo ironia. Il cantante afferma che la canzone ripercorre il suo passato, un’immagine di violenza e noia. Nell’intervista su Kerrang dice:

The more I remind myself of who I was or where I was from, the less likely I am to go back to that.

Una catarsi a tutti gli effetti.

3 – I’m Scum

Simile a una parata, si allontana dai toni scuri e inquietanti delle due canzoni precedenti e, con tono allegro, ci ricorda che siamo tutti feccia (scum) e va bene così.

4 – Danny Nedelko

Questa canzone degli Idles è dedicata a Danny Nedelko (membro di un’altra band di Bristol, gli Heavy Lungs, e immigrato ucraino). La canzone parte da una base di fondo molto semplice: parla di unità, di come siamo tutti uguali e dell’importanza di persone come Danny.

Fear leads to panic, panic leads to pain

Pain leads to anger, anger leads to hate

È così che Talbot sintetizza il meccanismo che ci porta a non fidarci l’uno dell’altro e ha vedere differenze piuttosto che somiglianze.

5 – Love Song

Nell’intervista con NPR gli Idles affermano di aver costruito questa traccia rifacendosi a uno stile techno. Il tono oscuro e nevrotico è veicolo di un messaggio di amore incondizionato. Le chitarre riprendono lo stile lasciato dopo Never Fight A Man With A Perm ed entrano in questa canzone come delle asce che oscillano dal soffitto.

6 – June

È la canzone più intima scritta da Talbot e la più scollegata dall’album. Parla della figlia del cantante della band, morta alla nascita, e del dolore dei genitori. Talbot afferma di averla scritta esclusivamente per sé stesso come elaborazione del lutto e di non essere in grado di riproporla in live.

7 – Samaritans

This is why

you never see your father cry

Talbot ha scritto il testo ispirato da “L’origine dell’Uomo” di Grayson Perry, di cui condivide inoltre il metodo comunicativo che racchiude messaggi complessi con la forza di una mazza.

La traccia parla del machismo come malattia.

Samaritans’ è un’organizzazione benefica inglese che fornisce supporto a chiunque sia affetto da sofferenza emotiva che abbia difficoltà a superare pensieri suicidi.

8 – Television

La traccia parla dell’assurdità dei canoni di bellezza imposti dai media e invita l’ascoltatore ad accettarsi per come è e di smash mirrors and fuck TV.

9 – Great

Islam didn’t eat your hamster

Change isn’t a crime

Come in Danny Nedelko, Talbot parla della paura del diverso. Si scaglia con sarcasmo verso i Brexiteers e tutti coloro che non riescono ad accettare i cambiamenti.

Nel ritornello invita l’ascoltatore a cantare con lui. La canzone è tra le più allegre e spensierate e ha una buona dose di spelling che a quanto pare piace molto agli Idles.

10 – Gram Rock

Ten points to Gryffindor
Ten points to Gryffindor
Ten points to Gryffindor, uh-huh

Il titolo è un gioco di parole che unisce il genere Glam Rock al crack. Il cantante della band ha descritto la canzone come uno scenario dadaista dove due manager di fondi speculativi si ritrovano ad un funerale strafatti di cocaina. Gram Rock riprende i tratti grotteschi e assurdi che caratterizzavano Brutalism.

11 – Cry to Me

Una cover di “Cry To Medi Solomon Burke, un classico soul del 1962. È stata pensata come un possibile b-side del singolo Samaritans.

12 – Rottweiler

La traccia di chiusura di Joy è anche la prima che la band ha scritto dopo Brutalism. La forza bruta che pervade tutta la canzone ti dà la carica per il secondo ascolto. Il crescendo di rumore e urla mette in uno stato di agitazione euforica. La traccia è come una macchina lanciata alla massima velocità che pian piano inizia a perdere bulloni e a surriscaldarsi fino a rompersi del tutto.

Keep going!
Keep fucking going!
Keep going!
Fuck ‘em! Fuck ‘em!
Go!
Smash it!
Ruin it!
Destroy the world!
Burn your house down!

Copertina

La versione deluxe dell’album degli Idles è stata rilasciata con un formato particolare che permette di avere le copertine intercambiabili. Ogni copertina mostra un’opera d’arte ispirata ad una delle canzoni che compongono l’album. Tutte queste opere hanno fatto parte di una mostra.

Leggi anche:
Billie Eilish: proviamo a capire perché piace tanto alla generazione Z
Jeeg Robot, la Sigla: tutto, ma proprio tutto, a proposito del brano musicale
Ascoltare Jazz, tutt’altro che un’impresa impossibile

Ti è piaciuto questo articolo? Dicci cosa ne pensi nei commenti qui sotto o esplora altri contenuti dal nostro menù!

Hai una storia da raccontare o un'opinione da condividere? Mandaci il tuo articolo scrivendoci a [email protected].

Vuoi unirti al nostro team e collaborare con noi? Scopri come candidarti alla pagina dedicata: collabora.

Pulsante per tornare all'inizio