Bartoli e Carnevale sono stati due dei più importanti autori italiani ad aver lavorato su Lanciostory, una rivista a fumetti nota principalmente per aver portato in Italia molti grandi esponenti del fumetto sudamericano (tra cui artisti del calibro di Oesterheld, Breccia e Wood, per esempio). I due, erano un team abbastanza affiatato ed hanno prodotto storie ancora oggi molto sottovalutate, come Uomini e Topi o la serie di cui vorrei parlarvi in questo articolo: Il dono di Eric. Il volume cartonato che raccoglie l’intera serie, pubblicato nella collana Euracomix, ha vinto nel 2001 il premio Gran Guinigi come miglior volume italiano.
Il Dono di Eric
Il dono di Eric è lo shining, quella capacità che nel doppiaggio italiano del film omonimo di Stanley Kubrick (ma anche nel quinto capitolo di questa serie) è definita semplicemente “luccicanza”, una traduzione fin troppo letterale che oggi fa anche un po’ sorridere. Un termine più adatto a descrivere le capacità del personaggio potrebbe essere “psicometria”, l’abilità di entrare in contatto profondo con ciò che si tocca. Eric riesce quindi a vivere sulla sua pelle il dolore delle persone che conosce, come se fosse il suo. Ma è davvero un dono la capacità di essere così profondamente empatici, o è più simile ad una maledizione?
Bartoli dà moltissima libertà a Carnevale che propone tavole in continuo mutamento sia nel tratto che nella struttura della pagina. I disegni de Il Dono di Eric sono talmente espressivi che a volte i monologhi scritti dallo sceneggiatore (dallo stile spesso hardboiled) sembrano leggermente didascalici, ma le storie mantengono sempre un ritmo serrato. Bartoli, inoltre, tende spesso a mescolare l’alto con il basso: il cimelio del bambino che viene usato da suo padre per uccidere la madre, un reietto come Van Gogh che dopo la morte viene celebrato come uno dei più grandi pittori di sempre, un dipinto di Klimt appeso accanto al disegno di in bambino…
In buona parte della serie si percepisce una sensibilità che rimanda alle opere di Sclavi: come Dylan Dog, anche il protagonista omonimo de il Dono di Eric è condannato a essere un semplice spettatore nelle vite dei “mostri” che incontra, e non è in grado di migliorarle o di avere un qualsivoglia impatto su di esse. Alla fine, però, conosce una persona che vive una vita diametralmente opposta alla sua: non riesce infatti a sentire nulla, né dolore né felicità. E forse, in quel momento, Eric riesce a vedere la sua “luccicanza” anche come un dono.[vc_message icon_fontawesome=”fa fa-comment” css_animation=”bounceIn”]Ti è piaciuto questo articolo? Facci sapere cosa ne pensi! Lascia un commento qui sotto o scopri ulteriori contenuti cliccando o navigando il nostro Menù. E se ciò non dovesse bastare, considera la possibilità di scrivere un articolo di risposta! Invialo a [email protected] seguendo le istruzioni riportate nella pagina Collabora.[/vc_message]
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