La cattura di Cesare Battisti ci ha catapultato indietro di tanti anni, rievocando l’epoca di stragi, terrore e sospetto che tutti conosciamo come gli anni di piombo.
Unico Paese in Europa, infatti, l’Italia ha conosciuto il terrorismo, la paura del vicino, del normale. Un pericolo sconosciuto e incombente, reso ancora più minaccioso dal fatto che la morte poteva nascondersi dietro alle cose più normali: una banca, un’automobile che si affianca al semaforo, un viaggio in treno per andare in vacanza.
Allora la minaccia era quella delle Brigate Rosse, gruppi terroristici di ispirazione di estrema sinistra che propagandavano la lotta armata rivoluzionaria per il comunismo. O almeno così dicevano loro.
Ma come era la vita quotidiana nell’Italia di quegli anni?
Il racconto degli Anni di Piombo
L’ho chiesto a una tosta signora di 71 anni, piacentina di origine ma che durante la settimana viveva a Milano, dove lavorava come impiegata in una ditta farmaceutica.
La prima cosa che tiene a precisare è il fatto che i mezzi di informazione erano molto diversi durante gli anni di piombo.
<<Oggi, sono talmente tanti i canali che diffondono una notizia che a volte sembra che la stessa cosa succeda due o tre volte>>, scherza. <<Allora no. L’unico modo per sapere quello che succedeva in tempo reale era vedere l’edizione straordinaria di un telegiornale.>>
Niente cellulari, niente Internet. Solo i giornali e un vicinato sicuramente diverso da quello cui siamo abituati noi oggi.
<<Il mio capo-ufficio era sempre aggiornato quando accadeva qualcosa. Il giorno in cui fu rapito Aldo Moro entrò in ufficio e ci mandò tutte a casa: il rischio era che la Polizia iniziasse con i posti di blocco, con i controlli, e che non riuscissimo a rientrare, soprattutto chi di noi era pendolare. Era un’abitudine che aveva anche quando arrivavano notizie di aggressioni, o di sparatorie. Non era sicuro camminare in strada, o prendere un mezzo come il tram.>>
Una città come Milano era spesso teatro anche di manifestazioni e dimostrazioni di piazza: all’epoca degli anni di piombo però venivano organizzate anche senza avere il permesso della Questura. Si trattava quindi di cortei assolutamente privi di qualsiasi controllo che spesso si lasciavano dietro scie di vetrine rotte e cassonetti rovesciati. La nostra testimone racconta che un giorno si era trovata esattamente sulla loro traiettoria e che, presa dal panico, attorno a lei aveva visto solamente serrande abbassate. Una barista l’aveva chiamata, invitandola a rifugiarsi dentro al suo bar.
In un’altra occasione, proprio in un bar, si era alzata per pagare il conto, lasciando la valigia di fianco al tavolino. Un poliziotto in borghese si era immediatamente avvicinato, chiedendole se la valigia era la sua; alla sua risposta affermativa, le aveva chiesto di aprirla, raccomandandole di non lasciarla più incustodita. Ogni valigia abbandonata, infatti, era una potenziale bomba, lasciata in posti affollati, di passaggio, come poteva essere un bar.
Anni davvero passati?
Quello che forse oggi noi ignoriamo è il fatto che quegli anni influenzano tuttora la nostra vita.
Un esempio? Tutte e volte che cambiamo residenza, riceviamo la visita di un vigile che si accerta di chi abita in quella casa. Si tratta di una delle tante leggi – antiterrorismo: i brigatisti si nascondevano nelle case di complici e simpatizzanti, e l’obbligo di segnalare non solo in Comune ma anche in Questura il numero di persone che abitano in un appartamento cercava di rendere loro la vita un po’ più complicata.
Sembra passato un secolo, e invece, l’anno scorso sono ricorsi i 40 anni dall’omicidio Moro. intorno a noi ci sono molti testimoni di quel periodo, che possono raccontarci tanto anche solo attraverso i loro ricordi quotidiani. Penso che possa essere illuminante, per noi che siamo arrivati dopo, ascoltare questi racconti. Possono darci uno sguardo illuminante anche sulla nostra attualità, in cui la parola “terrorismo” è ritornata tragicamente presente.[vc_message icon_fontawesome=”fa fa-comment” css_animation=”bounceIn”]Ti è piaciuto questo articolo? Facci sapere cosa ne pensi! Lascia un commento qui sotto o scopri ulteriori contenuti cliccando o navigando il nostro Menù. E se ciò non dovesse bastare, considera la possibilità di scrivere un articolo di risposta! Invialo a [email protected] seguendo le istruzioni riportate nella pagina Collabora.[/vc_message]
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