Minosse: intrighi, amori e insane passioni nel mito classico

Minosse fu re di proverbiale saggezza: diede ai cretesi le prime leggi, dettate da Zeus stesso, e divenne, nell’Ade giudice supremo dei morti

“All’origine di una serie di avventurosi, travagliati, funestissimi amori c’è la divorante passione di Zeus per una ragazza di nome Europa”(Eva Cantarella, L’amore è un dio – Il sesso e la polis). Europa era la figlia del re fenicio Agenore. Zeus se ne invaghì e, essendo abituato a soddisfare le sue voglie, disse ad Ermes di far avvicinare i buoi del padre della ragazza verso quel luogo (per non destare sospetti), prese le sembianze di un toro bianco e si avvicinò ad Europa che non pensando fosse un inganno (Del resto tutti i tori si comportano in modo “docile”) gli salì sul dorso. Ovviamente Zeus la rapì e la portò a Cnosso (Creta). Dalla loro unione nacquero tre figli: Minosse, Radamanto e Serpedonte, che furono adottati da Asterione – re di Creta e marito di Europa.

Stavvi Minos, orribilmente, e ringhia, esamina le colpe nell’entrata, giudica e manda, secondo ch’avvinghia… Cignesi con la coda tante volte, quantunque gradi vuol dire che giù sia messa

Dante, Inferno, Canto V

Ma chi era veramente Minosse?

Sposò Pasifae, da cui ebbe molti figli: Acacallide, Arianna, Fedra, Androgeo, Glauco, Crateo. Secondo la tradizione divenne re di Creta, usurpando il trono ai suoi fratelli, grazie all’aiuto di Poseidone avendogli promesso in cambio di sacrificargli il toro più bello. Tuttavia, non mantenne la promessa e ne sacrificò uno di “bassa qualità”.

Il Minotauro, Teseo e Arianna

Si attirò così la vendetta del dio del mare che, per vendetta, ispirò a Pasifae un’insana passione per il toro. Dedalo la aiutò a soddisfare la sua passione costruendo una finta mucca, vuota all’interno, rivestita di pelle e munita di rotelle negli zoccoli. Pasifae vi si adagiò dentro e il toro cadde nel tranello. Nacque così il Minotauro che Minosse rinchiuse in un labirinto costruito dallo stesso Dedalo.

Purtroppo per i giovani ragazzi ateniesi, al mostro piaceva nutrirsi di carne umana; dunque, Minosse impose ad Atene il tributo di vittime umane (sette ragazzi e sette ragazze) da offrire ogni anno al Minotauro. Teseo, figlio del re di Atene, prese il posto di uno dei ragazzi e, con l’aiuto di Arianna (figlia di Minosse), lo uccise.

Teseo abbandona Arianna

Arianna, invaghitasi del bel Teseo, gli aveva proposto di aiutarlo solo se lui le avesse permesso di fuggire con lui e l’avesse sposata. Teseo aveva accettato e così Arianna gli aveva dato un gomitolo grazie al quale il ragazzo sarebbe riuscito ad uscire dal labirinto. Ma esattamente cosa successe ad Arianna dopo che Teseo uccise il Minotauro? Arianna fu abbandonata dall’amato nell’isola di Nasso.

arianna e teseo
Arianna e Teseo

A questo punto i miti antichi si dividono in tante versioni; ma qui ne voglio scrivere soltanto una, forse la meno accreditata ma senz’altro l’unica con un lieto fine (E a chi non piacciono?): Arianna abbandonata e disperata incontrò il dio del vino Dioniso che affascinato dalla ragazza, decise di sposarla.

E Teseo? Teseo riuscì a tornare ad Atene ma, probabilmente punito dagli dèi (O almeno a me piace pensarla così), si dimenticò di cambiare il colore alla bandiera della nave – come aveva concordato col padre in caso fosse riuscito a tornare – e il padre (il re di Atene: Egeo), vedendo la bandiera di colore nero, pensò che il figlio fosse morto e si gettò nel mare che prese il suo nome: mar Egeo.

L’uccisione di Minosse

Minosse morì quando – inseguendo Dedalo che era riuscito a fuggire dal labirinto insieme a suo figlio Icaro grazie alle ali di cera da lui stesso costruite – giunse in Sicilia, dove il re e le sue figlie lo uccisero.

Il personaggio di Minosse nel tempo non ha avuto lo stesso successo di quello di Arianna, di Teseo e del Minotauro.  Tuttavia, è stato soggetto di molte opere: dall’Odissea di Omero all’Eneide di Virgilio e la Divina Commedia dantesca, dalle rappresentazioni di Michelangelo alla canzone Minosse, tratta dal cd Il cantastoria da Lucy a Caligola, di Luigi Gaudio.

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