E’ ormai noto quello che la World War 2, meglio conosciuta come Seconda Guerra Mondiale, abbia lasciato alla memoria collettiva. La Battaglia di Stalingrado (ricordata poi come miracolo di Stalingrado), che vide sconfinare le truppe hitleriane e, in opposizione, la difesa delle truppe staliniste, è ancora oggi un monito per l’unità e la coesione della popolazione contro i pericoli che, oggi, nell’epoca delle speculazioni finanziare e i principali problemi geopolitici che attanagliano da anni il Medio Oriente, l’Africa e l’Estremo Oriente, non permettono di abbassare la guardia e dimenticare quel che fu un grande esempio di tenacia e pragmatismo. Dalla non proliferazione nucleare, messa in dubbio dalle revisioni di Trump, all’accordo sul nucleare iraniano, fino ad arrivare alla grande crisi economica ancora attuale partita nel 2008 e la sfida sulla partita migratoria, ancora da decidere in seno alle decisioni dei leader europei.
Conflitto che vide contrapposte principalmente le due fazioni dell’Asse Roma-Berlino-Tokyo (Regno d’Italia, Impero del Terzo Reich e Impero Giapponese, insieme a paesi satelliti governati da potentati fantocci dei nazionalsocialisti come Romania, Ungheria o la Francia di Vichy) e Alleati (Gran Bretagna, Stati Uniti e U.R.S.S., naturalmente anche quest’ultimi coadiuvati da ausiliari principalmente provenienti dalle colonie di Sua Maestà).
Un evento che è ricordato dalla storiografia ufficiale, accadere esattamente 76 anni fa, il 23 Agosto 1942. La battaglia di Stalingrado, combattuta tra l’agosto del ’42 e il febbraio del 43′, segnò nettamente il contrattacco mortale all’egemonia tedesca in Europa che, fino a quel momento partendo dall’annessione dell’Austria nel ’38 e la capitolazione di tutta l’europa di fronte al leone nazista.
Stalingrado non è più una città. Di giorno è un’enorme nuvola di fumo accecante. E quando arriva la notte i cani si tuffano nel Volga, perché le notti di Stalingrado li terrorizzano.
Gli effettivi impiegati dall’Operazione Blu, lanciata da Hitler, per assicurarsi i rifornimenti petroliferi caucasici e annientare di fatto l’economia industriale del paese eliminando la concentrazione industriale di Stalingrado, l’offensiva su due fronti, Fronte sud del Gruppo di Armate A coadiuvate dal feldmaresciallo List e ad Est per il Gruppo di Armate B del generale von Weichs. Nel frattempo, la Sesta Armata del Gruppo B, che in seguito sarà la principale responsabile della disfatta, si porterà a ridosso del Don e ingaggerà un pesante scontro d’assalto con le truppe sovietiche piazzate a difendere la città, con il famoso ordine del giorno “Non più un passo indietro!” di Stalin, conosciuto come Prikaz.
La Battaglia di Stalingrado
Dopo le battaglie assiepati nelle roccaforti, a ridosso dei fiumi e quindi con i tedeschi in vantaggio per aver accerchiato le truppe e la popolazione di Stalingrado. Attaccata principalmente su tre fronti, da Nord, da Sud e frontalmente con le spalle al Volga, la resistenza fu chiamata all’estremo sacrificio da tutto il popolo sovietico e non solo.
Churchill, che nel frattempo era costantemente in contatto con Stalin, si rifiutò di aprire un altro fronte in Europa per alleggerire la pressione sui confini sovietici, già pesantemente rivisti dopo la capitolazione degli stati baltici, della Finlandia, dell’Ucraina e della Bielorussia.
Nei mesi che seguirono, lanciata la controffensiva (Operazione Urano) creata ad arte da Stalin in persona, coadiuvato dai generale Zukov, il generale Vasilevskij, dal generale Vatutin e dal generale Eremenko. L’operazione consistette in una manovra a tenaglia, utile a comprimere la rete nazista asserragliata attorno al Volga e al Don. Si creò ben presto un rovesciamento di fronte dove l’invasore, superiore per equipaggiamenti e sostanzialmente anche nel numero, venne sbaragliato dall’eroica resistenza sovietica, Stalingrado nel frattempo bruciava. L’armata 6 tedesca del generale von Paulus cadde nella morsa, una vera e propria sacca della morte, dalla quale nulla poté se non vedere l’annientamento totale dei suoi.
L’operazione Piccolo Anello, in gennaio, completò la missione (e il miracolo di Stalingrado). I tedeschi furono annientati e i pochi sopravvissuti fecero rotta per i territori dell’Asse, il bilancio dei morti è incerto e riferisce di circa trenta divisioni dell’Asse annientate, circa 500.000 tedeschi, 100.000 tra romeni e ungheresi oltre a 50.000 nostri connazionali.
Asse: Oltre 1 milione di perdite totali tra morti, dispersi e prigionieri.
100 000 rumeni, 40 000 italiani, 185 000 tedeschi morti nell’accerchiamento 400 000 prigionieri (40% tedeschi, 35% romeni, 10% italiani, 15% ungheresi)
circa 1 100 carri armati
tra 580 e 640 aerei;
URSS: 500.000 soldati morti e dispersi
650 000 feriti permanenti e/o inabili al lavoro
3000 carri perduti nel periodo novembre 1942-febbraio 1943
circa 700 aerei abbattuti o irrecuperabili nel novembre 1942-febbraio 1943
Fonte: Archivio storico
Cosa rappresenta il il miracolo di Stalingrado
Il rovesciamento di fronte, e l’esempio del patriottismo di un popolo profondamente eterogeneo come quello sovietico, molto ricco e variegato sul piano culturale, seppe dimostrare che non è il numero e nemmeno la tattica a determinare la vittoria o la sconfitta in battaglia, che il sacrificio di uomini e donne liberi seppe bilanciare e sopraffare l’oscurantismo e la schiacciante, almeno sulla carta, superiorità nazista.
Inoltre, altro dettaglio spesso tralasciato dalla storiografia contemporanea, spesso atlantista e talvolta lontana dalla realtà, dimostrò al mondo che sconfiggere l’incubo nazista fu possibile anche senza l’apertura del secondo fronte europeo, ipotesi che lo stesso Churchill rifiutò, e che successivamente gli statunitensi decisero di aprire con lo sbarco in Normandia e con lo sbarco in Sicilia. Un popolo libero, al prezzo della morte, preferì pagare con il sangue la speranza della libertà anziché vivere in ginocchio.
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