Si chiama Midsommar, l’ultima fatica di Ari Aster (regista che ci aveva affascinato con l’immenso Hereditary), è un film complesso. La trama è apparentemente banale – un gruppo di ragazzi fa visita ad una comunità hippy in Svezia, e le cose degenerano quando vengono alla luce rituali macabri e tradizioni sanguinarie – ma la realizzazione rivela un’opera così intensa da lasciare un senso di profondo smarrimento nello spettatore. I temi affrontati rivelano un film che è molto più di quel che sembra e le scelte registiche lo rendono un capolavoro di simbolismo. Ma di cosa parla veramente Midsommar? Cosa è che lo rende davvero spaventoso?
Anzitutto, parliamo della protagonista: Dani è affetta da un gravissimo disturbo d’ansia, al quale si aggiunge una forte depressione uno stato di stress post-traumatico quando la sorella uccide i genitori e si toglie la vita. Come se non bastasse, Dani si ritrova completamente sola, in quanto il fidanzato Christian si dimostra distante ed non affettivo – e gli amici di lui sono gentili sono in apparenza, escludendola e isolandola il più possibile.
Ari Aster ha più volte spiegato che il film parla di cosa succeda a seguito una separazione. In Dani c’è infatti un percorso di catarsi distorta, di vendetta contro una società ed un uomo che la rifiutano e contro i rapporti interpersonali che la fanno soffrire. Ma l’opera assume un significato ancora più interessante quando si comincia ad intuire che al tema della rottura si aggiunge anche quello del desiderio di appartenere a qualcosa o qualcuno. Un desiderio talmente cieco e disperato che infrange ogni limite dell’assurdo e ignora ogni segnale di pericolo (orsi ingabbiati? Senicidio rituale? Niente più ha importanza di fronte alla fame di appartenenza). Dani, bisognosa di una famiglia, viene trascinata sempre di più nella vita del villaggio, in una sorta di angosciosa ricerca di amore vero.
Non lo chiamerei un film horror. Piuttosto, parlerei di fiaba – una fiaba con elementi horror.
- Ari Aster
Ari Aster ha descritto il film come una “Fiaba”, ma in un contesto distorto e grottesco: una sorta di “Sogno di una notte di mezza estate” che si trasforma brutalmente in un “Incubo di un giorno di mezza estate”. Una fiaba cattiva, si potrebbe dire, che rappresenta uno dei film del genere più innovativi degli ultimi anni, e una grandissima prova di brillanza tecnica e narrativa da parte dell’autore di Hereditary, e siamo pronti a scommettere che dopo un inizio così stupefacente con Midsommar, Ari Aster continuerà a sorprenderci ancora…
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