Per diverso tempo non si è parlato d’altro. Ormai è noto a tutti, Banksy ha fatto a pezzi la sua opera più celebre: “Balloon Girl” (Bambina con Palloncino) durante un’asta.
Il fenomeno mediatico ha raggiunto in pochissimo tempo dimensioni gigantesche, con la nascita di una valanga di nuovi meme ed opinioni discordanti sull’accaduto.
Persino banche ed aziende famose hanno già tratto ispirazione dalla vicenda per delle pubblicità “simpatiche”.


Ciò che è successo è oggettivamente affascinante ma, mentre la stragrande maggioranza del pubblico considera Banksy, lo street artist più famoso (o famosi, la sua vera identità rimane ignota) oltre che un genio, alcuni non hanno potuto evitare di notare quanto tutta la faccenda sia particolarmente sospetta.
Inoltre, sin da subito, i fatti ed i rumors si sono accavallati, generando molta confusione ed in molti non hanno capito esattamente cosa sia accaduto.

Cosa è accaduto a Balloon Girl
Il 5 Ottobre, Balloon Girl è stata esposta per l’asta di Sotheby’s (una delle case d’asta più importanti del Regno Unito) ed è stata venduta per 1,1 milioni di sterline (più di 1,2 milioni di euro).
La tela però, al momento della vendita, non apparteneva a Banksy, ma a qualcuno che l’aveva comprata nel 2006.
In un video caricato da Banksy stesso sul suo profilo Instagram, l’autore asserisce di aver inserito le lame ed il meccanismo per tagliare la tela, all’interno della cornice, prima di venderla al primo proprietario.
Il marchingegno sarebbe dunque rimasto in attesa di essere azionato nel momento in cui il proprietario avesse deciso di rivendere l’opera.
Si crede dunque che Banksy, fosse presente durante l’asta e che abbia atteso il momento perfetto per attivare il meccanismo a distanza.
Un’azione del genere, per quanto disarmante, diventa comprensibile alla luce del fatto che Banksy abbia più volte dimostrato il proprio disappunto nei confronti della compravendita di opere d’arte.

Ma allora cosa c’è di sospetto?
Per quanto possa essere possibile che gli eventi si siano svolti in questo modo, molti hanno pensato che Banksy si fosse messo d’accordo con Sotheby’s per raggiungere il suo obiettivo.
Questo perché effettivamente risulta essere poco plausibile l’idea che il meccanismo e la batteria del trita-carte siano rimasti funzionanti all’interno della cornice per più di dieci anni di inattività.
La cornice stessa risultava essere particolarmente spessa e pesante. Possibile che lo staff non l’abbia trovata sospetta e soprattutto che nessuno abbia mai notato, in un decennio, la fessura presente nell’estremità inferiore?
Un altro fattore particolarmente significativo è dato dal modo in cui Sotheby’s ha organizzato l’evento. Generalmente infatti, durante le aste, si vendono prima le opere più famose e costose, onde evitare che gli acquirenti investano troppo denaro su altre meno prestigiose, rimanendo al verde prima della fine dell’asta. In questo caso invece, Balloon Girl, nonostante la fama dell’autore, è stata battuta per ultima.
Perchè Banksy ha distrutto Balloon Girl?
Con il video Instagram da 12 milioni di visualizzazioni, Banksy ha scritto una citazione di Picasso: “The urge to destroy is also a creative urge”. Secondo alcuni, dunque, l’obiettivo sarebbe quello di creare arte, anche se in un modo insolito. Altri vedono nel gesto l’ennesima provocazione e critica di Banksy alla società.
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Altri ancora, invece, sono convinti del fatto che tutta la faccenda non sia altro che un circo mediatico allestito per fare pubblicità all’artista e all’opera stessa, il cui valore è aumentato vertiginosamente.
Pest Control (che si occupa di autenticare le opere di Banksy) ha certificato la “nuova” opera con un nuovo nome, da “Balloon Girl” a “Love is on the Bin” (l’amore è nella pattumiera).
Alex Branczik, capo della sezione europea contemporanea di Sotheby’s, ha detto che Love is in the Bin è la prima opera d’arte ad essere stata creata durante un’asta.
La collezionista che l’ha comprata ha deciso di tenerla nonostante il danneggiamento, asserendo:
al principio sono rimasta scioccata, ma poi ho realizzato di essere in possesso di un pezzo della storia dell’arte.
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