In questa frase, in questo tripudio di soggetti e predicati verbali, è contenuto tutto il senso di ciò che è stato Bojack Horseman. Da pochi giorni, infatti, la serie si è conclusa ufficialmente, regalandoci un finale controverso che sa tanto di “calcio nell’uretra”. È l’amaro epilogo di un totale di sei stagioni che non hanno fatto altro che preparare lo spettatore ad una chiusura aperta, che ricorda un po’ un addio dato controvoglia.
Bojack Horseman: un addio doloroso
Perché non tutto, infatti, trova un suo posto in questi ultimi episodi. Bojack sembra finalmente diverso, in salute e lucido, ma, proprio a causa di questa sua sobrietà, la vita gli si catapulta contro in maniera inesorabile, senza addolcimenti dati da dei sensi ottenebrati da alcol e droga. I problemi vanno affrontati senza se e senza ma e così, tutto il passato, l’intero passato, torna a bussare alla porta della coscienza. Come le tessere di un puzzle, gli errori dell’uomo-cavallo si completano tra di loro, attaccandosi l’un l’altro in un grande disegno finale che è la vita di un uomo ultra cinquantenne che non è stato in grado di trovare il proprio posto nel mondo. Che sia stata o meno colpa sua, quale che sia il parere dello spettatore, il cuore non può che stringersi in una morsa nel vedere il terrificante e penultimo episodio “Il panorama a metà strada”. Il centro è, come sempre, Bojack, ma in parallelo si muovono anche gli altri, in quella coralità tipica dell’intera serie tv. In poco più di venti minuti, i creatori di Bojack Horseman hanno descritto la morte. La morte è crudele, la morte rinfaccia tutti gli sbagli commessi in quanto ricorda al morente che non ha più tempo per rimediarvi, che non si può tornare indietro e che “non ci si rivede dall’altra parte perché lì non c’è proprio niente”. È tutto qui. Questa è la nostra unica possibilità di dare il meglio di noi stessi, di essere attenti alle debolezze di chi amiamo, di provare ad essere riconoscenti e amati. All’inizio è tutto più difficile ma “poi sarà più facile, facendolo tutti i giorni”.
All’epilogo della storia, Bojack è cambiato, ma non è il solo. È incredibile la storia di Diane, la cui depressione si manifesta sia fisicamente che mentalmente, palesandosi in un’accettazione del dolore che la rende finalmente libera dal credere che “una stanza di Belle” possa esistere veramente, arrivando ad amare la vera se stessa, senza fronzoli o bugie a fare da cornice.
Nell’episodio finale, “Bello finché è durato”, si prova a districare gli ultimi nodi rimasti tra Bojack e tutti i co-protagonisti della storia, ma il tutto si conclude con un epilogo che sa più di monologo interiore che di vero chiarimento fra le parti. “Non so se sei un genio o uno stupido. Sei stato geniale per un attimo e poi ti sei perso”, dice Bojack a Todd, il quale risponde: “Certo, è stato bello finché è durato”. Uno schema che si ripete anche con Princess Carolyn, l’unica che sembra aver trovato il degno finale di se stessa, superando definitivamente le proprie insicurezze e trovando, infine, un punto di incontro proprio con Bojack.
A coloro che hanno detto o scritto che avrebbero voluto che la serie si concludesse con il penultimo episodio, vorrei dire che no, non sarebbe stato giusto. La morte non è una scappatoia dalla vita, né tantomeno una punizione per quanto si è stati pezzi di merda. Semplicemente, capita. Ed è terribile, spaventosa e inesorabile ma, comunque, si va avanti. Ed è questo il senso dell’intera serie tv, di tutta la storia di Bojack Horseman. Per quanto le cose possano andare male, anche se chi amiamo muore e la colpa è nostra, il mondo continua a fare i suoi giri, fregandosene di chi rimane indietro ad allacciarsi le scarpe, troppo debole per continuare a correre senza inciampare sui suoi stessi piedi. “Mr. Blue”, la canzone di chiusura dell’ultimo episodio, di Catherine Feeny è, d’altronde, un indizio ragionevole che va proprio in questa direzione. La canzone parla di un uomo che ha disperatamente bisogno di aiuto, di una parola di conforto, eppure non c’è nulla che si possa fare se non lasciare andare…
Ritengo che questa sia la fine più bella, più giusta e più vera che si potesse dare a una storia come quella di Bojack. Niente orpelli. Niente parole di conforto. Solo un buco nero che si chiude in se stesso, lasciando che la vita prosegua il proprio corso nella luce come una freccia, lasciando gli altri, quelli feriti e mutilati, ad aspettare la fine di tutto, nella preghiera che, almeno la morte, abbia più senso nel suo essere definitiva, buia ed uguale per tutti.
Paola.
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