L’ultima delle catastrofi naturali che stanno colpendo il nostro pianeta si chiama Dorian èd è il secondo uragano più forte della Storia dell’Oceano Atlantico. Domenica scorsa ha colpito l’arcipelago delle Bahamas con venti fino a 350 km/h, causando una distruzione senza precedenti lungo tutto il territorio.
Ancora troppo presto per fare un bilancio della devastazione, ma per adesso si contano almeno 13mila case rase al suolo, e diverse fonti parlano di “morti per le strade”. Al momento, l’unica vittima accertata è un bambino di 8 anni, annegato mentre cercava di sfuggire alla furia delle maree che avevano circondato la sua abitazione nelle isole Abacos.
Dorian colpirà gli Stati Uniti tra lunedì notte e martedì, e nel frattempo è già stato declassato da 5 a 4 nella scala Saffir-Simpson, che categorizza la potenza degli uragani. Evacuazioni obbligatorie sono state disposte in Florida, Carolina del Sud e Georgia. La popolazione ha cominciato nel weekend a fare scorte di cibo, acqua e benzina, e sono state disposte misure di emergenza in tutti gli Stati dove è previsto l’arrivo di Dorian, che è costantemente monitorato dal National Hurricane Center.
Se vi sembra che negli ultimi anni la frequenza delle catastrofi naturali sia aumentata, avete ragione: se uragani, tornado e cicloni esistono dalla notte dei tempi, è innegabile che il cambiamento climatico al quale la Terra è stata sottoposta negli ultimi anni ha influenzato parecchio la portata di questi eventi, rendendoli sempre più disastrosi e incontrollati.
Solo nel 2018 sono state calcolate 281 catastrofi naturali. Quello che fa davvero spavento è l’impatto di queste calamità: è stato dimostrato che gli eventi meteorologici importanti, come uragani e tornado, sono aumentati in intensità, in frequenza e in complessità. Sono, in poche parole, sempre di più e sempre più pericolosi.
Uno studio effettuato dall’Asia-Pacific Disaster Report del 2019 si è concentrato sull’impatto che le catastrofi naturali hanno sull’uomo: a causa della siccità causata dall’innalzamento delle temperature, per le popolazioni locali che basano il loro sostentamento sull’agricoltura è sempre più difficile riprendersi dal trauma causato da questi cataclismi, e a causa dello scarso coinvolgimento dei governi nell’aiutare le categorie più svantaggiate, si crea un circolo vizioso che crea sempre più degrado ambientale, sempre più povertà, e sempre più condizioni perché si verifichino i disastri naturali.
Anche nel continente africano esiste un’emergenza climatica senza precedenti: a Marzo e Aprile di quest’anno, le regioni del Sud del continente (specialmente Zimbabwe e Mozambico) sono state colpite dai cicloni Idai e Kenneth, che hanno portato allo stremo la popolazione già povera e in condizioni non ideali di quelle aree.
Anche se in Africa è ancora prematuro parlare di rivoluzione green, come già sta avvenendo in Europa e Stati Uniti, una ragazzina ha deciso di metterci la faccia: si chiama Vanessa Mash, viene dall’Uganda, e non ha alcuna intenzione che la situazione climatica in Africa venga ignorata. Una presa di coscienza forte e chiara, che speriamo faccia eco in tutto il mondo e che porti l’attenzione di tutti anche su questo continente, che spesso viene ignorato anche dagli stessi ambientalisti.
Si parla, soprattutto nei Paesi del Terzo Mondo e in quelli maggiormente interessati da queste calamità, di costruire resilienza. Il concetto è che i governi di tutto il mondo si dovrebbero impegnare non solo nell’assistere e donare aiuti alle popolazioni in difficoltà, ma anche nell’attivare veramente dei piani per contrastare questa nuova realtà climatica, che si sta rivelando estremamente pericolosa e dannosa per l’intero pianeta.
Un continuo aumentare delle catastrofi naturali significherebbe anche che la popolazione di sfollati a seguito degli eventi disastrosi aumenterebbe a dismisura, e se pensiamo che le ondate migratorie relativamente basse degli ultimi tempi stanno già minando il precario equilibrio politico europeo, possiamo solo immaginare quali effetti avrebbe una vera e propria migrazione di massa su scala mondiale.
Quello che possiamo fare nell’immediato è cercare di prevenire e contenere le catastrofi naturali, e a livello personale, cercare di essere più consapevoli della situazione della nostra Terra, e fare concretamente attivismo in modo che il problema, che cresce di intensità tanto quanto crescono i disastri ecologici, non venga più ignorato o sottovalutato. Ogni gesto conta, e non farlo significherebbe sabotare deliberatamente la salute del pianeta e la salvaguardia dei suoi abitanti, fauna compresa.
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