Il compromesso dell’artista: una critica all’omogeneità

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Nell’artista convivono di dovere due anime: l’individualismo creativo e l’essere parte di una società culturalmente affine.

In altre parole si deve arrivare ad affermare, socraticamente, che si è un “uomo” con qualità da artista, ma lo si è “tra gli uomini” e le date qualità si esprimono in relazione all’ambiente in cui si vive.

Questa convivenza ha numerosi volti, ad esempio crea la sintesi tra la fantasia del creativo e i riferimenti culturali e iconici dell’ambiente in cui esso opera; ed è quest’ultimo punto a far sì che artisti diversi tra loro per pensiero e stile, possono essere racchiusi in stesse tendenze, scuole o periodi a seconda delle relazioni che li accomunano nello spazio e nel tempo.

Altra sfaccettatura, più critica, è il rapporto tra indipendenza dell’intelletto creativo e riscontro del pubblico che in genere viene sempre auspicato positivo, giacché la tendenza di alcuni a fregarsene nasce in genere da una grande scottatura nel passato.

Nell’artista si può dibattere se l’indipendenza sia un prerequisito indispensabile, poiché qui filosoficamente possiamo appellarci, con larghissima licenza, a Platone o ad Aristotele.

Il compromesso dell’artista

Inseguendo “platonicamente” (i veri filosofi mi perdonino l’abuso) un’idea suprema di artista potremmo ammettere che l’indipendenza sia indispensabile che l’artista debba dar frutto liberamente alla sua fantasia e far fede alla sua sola coscienza – ignorando il resto.

Ma osservando la realtà fattuale della scena artistica, ci rendiamo conto di come sia raro che un’artista segua questi precetti completamente e l’idea che ne scaturisce è che l’uomo d’arte, per sfondare, debba prima di tutto conoscere l’arte del compromesso tra se stesso e ciò che gli è richiesto.

Per non sprofondare nel cinismo, bisogna anzitutto dire che questa conclusione non si riverbera solo in aspetti negativi, poiché richiamandoci alla definizione di “uomo tra gli uomini” è giusto che l’artista tenga conto del pubblico senza essere per necessità un venduto.microfono

Il compromesso è un bilanciamento degli interessi che fornisce a tutti questi un’equa soluzione, quando invece ne predomina uno da bilanciamento diviene sopraffazione.

Nel rapporto tra indipendenza e riscontro, la sopraffazione della prima si chiama misantropia, della seconda prostituzione intellettuale.

Le sopraffazioni dell’artista

La prima tipologia di sopraffazione, tutto sommato, non crea danni se non all’artista stesso e al numero di seguaci limitato che può ottenere, pur non dando loro nulla di ciò che desiderino (ma il pubblico non si sottomette quasi mai così facilmente).

Mentre la seconda tipologia è un danno per la società intera, poiché l’assoggettamento dell’artista al pubblico, in primis lede alla creatività del primo e in secundis fa sì che il pubblico non abbia una vasta gamma di prospettive artistiche se non quelle che rispondono alle sue immediate volontà, effimere e tendenti all’omogeneità.

È un dato empirico che solitamente la collettività senza menti indipendenti che le offrano alternative (in parte assecondandola e in parte non) non riesca materialmente a crearsene di nuove che non risultino scontate e monotone.

La massa è come un gregge che necessità di più di un pastore.

L’artista insomma deve usare la tecnica del bastone e della carota, poiché se anche il pubblico ricevesse tutta la verve artistica in dotazione non saprebbe di che farsene senza la genialità del singolo che dunque da ambire il pubblico deve sedurre e divenire ambito.

Ebbene, resistere al tentativo di dare tutto è arduo, la massa è un cliente con portafoglio di applausi, gloria, onore che potrebbe indurre chiunque, uomo o donna, a prostituirsi.

Ma, dando tutto, la massa si stancherebbe presto e passerebbe veloce al successivo bordello, mentre per tenerne vivo l’interesse la massa va incuriosita, se troppo golosa bastonata.

Cantautori come Guccini, Battiato, o più recenti come Caparezza, che mettono tempo, anima e corpo per realizzare lavori propri nel senso più profondo, pittori come Courbet (colui che fondò il Salon des refusés, in opposizione all’accademico Salon ufficiale di Francia), gli Impressionisti, Cubisti, Avanguardisti, Picasso, Klimt, Schiele e quanti altri lo capirono o, se non lo capirono, lo fecero comunque, prendendo grandi rifiuti, ma passando alla storia.

Essi non rispettarono completamente il volere della massa, ma lo provocarono, stuzzicarono, respinsero e bramarono allo stesso tempo.

La rottura

Sembra un discorso banale, ma gran parte dei pittori accademici dell’800-900 sono rimasti anonimi perché inseguirono il gusto dell’epoca e basta, credendo fosse eterno, e nell’accademismo emerse solo chi pure lì seppe innovare o creare opere straordinarie, artisti come Jacques-Louis David, Ingres o Canova, Appiani.

Chi credeva però il gusto accademico fosse eterno lo credeva perché eterno voleva fosse l’apprezzamento mediocre nei suoi confronti.

Dall’abbandono dell’accademismo come religione artistica però, grazie anche agli artisti sopra citati, si è passato progressivamente ad un altro culto: quello della rottura degli schemi incessante.

L’artista oramai si è prostituito alla volontà di costante cambiamento del pubblico e alla sua costante mutevolezza. Ha confuso per l’ennesima volta l’arte con la moda. Una moda però beffarda, poiché è la moda di crear mode, dunque sembra che l’artista non sia prostituito poiché cambia in continuazione, ma è proprio nell’impossibilità avvertita di non cambiare per stare sull’onda, la restrizione alla sua libertà dalla volontà del cliente.

Cambiare costantemente la strada per una prostituta non significa non esserlo più.artista stage

Pensiamo alla scena musicale, l’artista contemporaneo, dal trapper al semplice cantante, deve continuamente stuzzicare il pubblico attraverso sound nuovi e featuring sempre diverse, ma questo rinnovamento costante non è un rinnovamento cercato in maniera autonoma come poteva essere il soggiorno che i Beatles ebbero in India, ma è funzionale alle vendite.

Tuttavia il pubblico nella sua voglia di continuo cambiamento rimane statico nell’evoluzione della richiesta, a velocità costante, raramente accelerata da artisti degni di questo nome.

La prostituzione al cambiamento incessante ha portato alla decadenza del contenuto che necessita di una ricerca molto lunga per essere reale e ben pensato, mentre nello scorrere continuo delle mode il tempo necessario manca in larga parte.

L’artista e il Web

Certo eccezioni non mancano e pure l’artista prostituito può sottrarsi alla sua condizione, il problema sta nell’assetto complessivo dello scenario artistico.

Sembra un discorso apocalittico, ma la situazione è peggiorata, giacché le masse hanno ora in dotazione un nuovo strumento per mostrare il loro volere: i social.

Parlare dei social in questo senso, solitamente, fa aumentare di 70 anni l’età di chi scrive ma parlando seriamente, l’artista oggi si deve confrontare col riscontro immediato e immediata sente dover essere la sua arte di galleggiare.

In fin fine, è questo il termine che descrive la condizione dell’artista sopraffatto dal pubblico volere: egli è su un galleggiante in preda al mare che può decidere a caso su quale onda portarlo, se affossarlo o tempestarlo.

Un vero artista ha una sua isola che gli funge da base e in cui il mare non può arrivare. Certe volte per fare emergere un lembo di terra serve però una grande scossa di terremoto che smuova anche il mare.

L’artista oggi ha perso in larga parte il ruolo di coscienza critica delle masse, per divenirne ormai un rappresentatore delle volontà più superficiali ed effimere.

Ma forse il problema sta proprio nel pubblico che magari ha anche perso la volontà di pensare e di rinnovarsi, ma proprio in questi momenti storici che l’esigenza di innovazione è massima e tutti i vuoti andranno colmati.

Alla confusione, seconda una legge della storia più volte provata, corrisponderà una reazione uguale e contraria e presto l’arte, in preda alla confusione, dovrà ridarsi delle regole, tornando forse ad una nuova forma di accademismo se si giungerà d’altra parte, all’eccesso opposto.

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Dario Pio Muccilli

Appassionato di Filosofia e Politica
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