Sono molti i motivi per cui “Che regni il caos!”, il numero 387 della serie regolare di Dylan Dog, è importante per comprendere appieno l’evoluzione della testata. Il fatto che introduca il Ciclo della Meteora (ciclo di storie collegate da una continuity più stretta, che durerà fino al numero 400) è sicuramente il motivo più evidente, ma dire che è l’unico sarebbe riduttivo.
Sfogliando l’albo per la prima volta, ci rendiamo subito conto di come sia un’ottima testimonianza del processo di ammodernamento grafico della testata: la gabbia bonelliana a tre strisce viene conservata per venire poi scardinata solo in momenti in cui è ritenuto necessario, ad esempio per dare più respiro alla scena rappresentata o per rendere più efficace un colpo di scena. Questo modo di lavorare sulla gabbia (molto diverso da quello usato su testate come Orfani, in cui si tende a scardinarla molto più spesso per produrre il classico effetto “in your face” all’americana, come afferma lo stesso Recchioni) si sta facendo sempre più presente nelle uscite di Dylan Dog.
La storia di Dylan Dog 387
Leggendo ci accorgiamo poi di come quest’albo affronti tematiche pesantemente attuali, come molte delle storie degli ultimi anni. Per parlare ad esempio di come venga trattato il tema del populismo (che abbiamo già visto in episodi come il 374, La Fine dell’Oscurità) ritengo molto preziosa questa citazione di John Ghost, personaggio introdotto nel Dylan Dog 341, “Al servizio del Caos”, e diventato poi sempre più rilevante nella continuity della testata:
“[…] Abbiamo accettato la diversità culturale, politica, religiosa, sessuale… Fino a quando abbiamo iniziato a credere che le persone normali fossero i veri mostri! Ma non è così… I veri mostri sono i mostri!”
Se da questo discorso togliamo il termine “mostri”, che lo rende ben ambientato nell’universo di Dylan, otteniamo una rappresentazione neanche troppo iperbolica della comunicazione politica odierna. E cosa fa il nostro John Ghost dopo aver creato un “Noi” in cui includere sé stesso e lo spettatore ed escludere i cosiddetti “Mostri”? Attua un’altra tattica molto utilizzata in politica: indica un eroe, un punto di riferimento, e cioè il nostro Old Boy. E lo strumentalizza per incoraggiare, tramite un’app, la formazione di folle inferocite pronte a scagliarsi contro chiunque sia ritenuto anche solo vagamente diverso o strano. Una moderna caccia alle streghe, di cui siamo spettatori nei social network da parte di più fazioni, nei contesti più disparati.
Un’altra cosa che notiamo in quest’albo, infine, è che nonostante la testata si stia ammodernando su più fronti, si cerca ancora di mantenere l’anima sclaviana del personaggio. La storia ci affronta direttamente ancora una volta per dire che i veri mostri siamo noi, come nei più classici episodi scritti dal creatore di Dylan. E l’Old Boy è pronto a tendere la mano al pazzo rabbioso col cartello con la scritta “The end is nigh” (chiaro riferimento a Watchmen) e quel pazzo, ovviamente, siamo noi. Non è un caso, infatti, che l’albo si concluda con Dylan che tende la mano direttamente al lettore, definendosi un essere umano.
Che regni il caos si propone quindi come un albo in grado di incorporare e rappresentare i modi in cui Dylan Dog si è ammodernato senza perdere la propria identità, ed in questo sta la sua vera forza.
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