I finali dimenticati degli anime anni ’80 e ’90

Con il Lockdown, noia ed isolamento sociale, non è certo mancato il tempo per rispolverare vecchie glorie delle animazioni del passato. Tante serie significative che hanno lasciato una traccia dentro l’IO bambino di ognuno di noi ma che, vuoi per problemi di programmazione TV, vuoi per impegni nel post-scuola, finivano la riproduzione su schermo irrimediabilmente prima che riuscissimo a goderci un meritato finale, nonostante le tante repliche.
Molti di noi ricordano con affetto le serie della propria infanzia, chi nel dettaglio, chi più vacuamente. Ma quanti realmente ricordano i finali delle tante serie anime anni 80 e 90, quelle cult, simbolo di due generazioni di otaku?

Qualora qualcuno preferisse NON sapere, o si stia ancora mettendo in pari – dopo appena 40 anni… complimenti! -, onde evitare spoiler aggressivi sarà sufficiente procedere per paragrafi, evitando quelli interessati.

I capolavori della Tatsunoko (Yattaman e compagnia bella)

La gloria dei cartoni animati della Tatsunoko è qualcosa di squisitamente legato alla generazione anni ’80-’90: grande creatività, una comicità che tende al maturo – ma permette un godimento dell’ironia anche nei piccoli -, violenza solo il giusto e, ovviamente, i cattivi più belli di sempre!

Yattaman, capostipite di una lunga fila di serie gemellate ad essa, ha il primo dei grandi finali tragicomici, degno di tal nome: il trio Drombo viene sconfitto per l’ultima volta in una battaglia decisamente impari – era DAVVERO necessario schierare tutti quanti i robot, Yattaman? Esagerati – e perde il possesso di tutti i pezzi arduamente recuperati o rubati della pietra Dokrostone. Gli autori, non paghi delle legnate assegnate al trio più bello di sempre, decide di procedere con uno schiaffone emotivo, svelando che la pietra Dokrostone non è altri se non lo stesso Dottor Dokrobei, un alieno caduto sul pianeta Terra anni prima, e scomposto in più pezzi a causa dell’impatto, e che quindi non vi era nessuna mappa nascosta per un fantomatico tesoro nascosto al suo interno. Poco male, almeno il tesoro non se lo papperanno gli Yatter.

yattaman
Insoddisfatti anche voi per il finale dedicato al Trio Drombo? poco male, sappiate che nel 2015 è uscito un sequel insolito, chiamato Yatterman Night, che vede per protagonisti gli eredi del Trio originale, contro il malvagio esercito Yatta!

Affine, se non per certi versi speculare al precedente, è il finale de I Predatori del Tempo. Dopo l’ennesima, sonora, sconfitta inflitta da parte dei Salvastoria Hikaru e Nana, rivelata la loro identità segreta durante gli ultimi scambi di battute – davvero, pochi riescono ad essere più antipatici degli Yattaman, ma loro ci sono riusciti! -, i nostri fantastici antagonisti Atasha, Sekovich e Dovalskij si ritrovano in epoca contemporanea e scoprono che un asteroide si sta dirigendo contro il pianeta terra, rischiando di porre fine all’umanità. Ecco venir fuori la vera identità di Tomomot, il nuovo Dokrobei, che risulta in realtà essere Gekigaski, quarto membro di un trio già perfetto, il quale decide in nome di tutti e quattro i Predatori di sacrifare la nave guida – equipaggio annesso – per impattare contro l’asteroide e salvare la Terra, facendo passare in questo modo se stesso ed il suo seguito alla storia come eroi del pianeta intero. Tragico, tragicissimo finale, ma in fin dei conti, l’obiettivo dei Predatori del Tempo era proprio di passare alla storia, no?

Se avete amato questo genere di serie, non perdetevi il lungometraggio fatto molti anni dopo: Time Bokan: le macchine del tempo, un’avvincente gara di velocità tra i buffi mezzi di trasporto dei cattivi di tutte le serie Time Bokan per decidere chi avrà un nuovo episodio a loro totalmente dedicato. Niente spoiler qui, andatelo a vedere!

time bokan
Il primo dei due episodi speciali della saga Time Bokan, entrambi doppiati in italiano. Gioia per i ricordi e grande rappresentante degli anime anni 80 e 90

In rapida scorsa, ancora: Kyashan, sconfigge il capo degli androidi, restando però un androide anch’egli, e facendo a capire che lui e Flender resteranno a difesa dell’umanità per sempre; Hurricane Polimar sconfigge un’alleanza di supercattivi in tutina già sconfitti tutti singolarmente, ma per farlo, a causa di una serie di eventi, svela la sua identità all’agenzia investigative Joe Kuruma nonché a suo padre, commissario della polizia, e a causa di questo, Takeshi torna a casa con il papà… per poi tornare a sorpresa a lavorare con il detective e la sexy proprietaria di casa, pronto a trasformarsi alla bisogna, in caso di nuove tutine con loschi piani; Gatchaman, i grandi eroi con nomi di volatili, culmina nella sua terza stagione contro il Generalissimo Z , una macchina che ha abbandonato la sua parte biologica,  che cerca di distruggere il pianeta Terra. La famosa squadra G riesce a sventare il piano del cattivo di turno, dovendo purtroppo sacrificarsi per disinnescare la bomba antimateria creata dall’antagonista; Ecco però spuntare, prima del classico “fine”, un meccanismo nelle Gatch Machine, e cinque luci splendono in cielo. Vivi? Morti? Chi lo sa, per tutto il resto ci sono remake e sequel!

Vi stupireste a scoprire quante altre serie si celano dietro il nome della Tatsnuko, ma spazio e tempo sono tiranni.

Doraemon, pur non essendo prodotto dalla casa Tatsunoko, viene spesso associato ad essa, specie perché diverse serie della stessa riprendono il format del mitico gatto Robot goloso di Dorayaki. E qui son dolori. Molte sono le voci che girano attorno al finale di Doreamon, e tra le più gettonate c’è la versione in cui si pensa che in realtà Nobita, il bambino umano a cui Doraemon corre in soccorso dal futuro, sia in realtà in coma, e tutte le sue folli avventure siano frutto della sua immaginazione – esattamente, come i creepy pasta di Pokemon -. La realtà dei fatti è decisamente più triste delle più tristi delle creepy pasta: Hiroshi Fujimoto, ideatore del manga robot assieme al suo collega Motoo Abiko morì prematuramente all’età di 63 anni, lasciando il finale incompiuto. Motoo, per rispetto al collega e amico, decise di lasciare la serie aperta, senza un reale finale, nonostante i numerosi lungometraggi, sequel e remake.

Robottoni, i Mecha che hanno fatto l’epoca degli anime anni 80 e 90

Gli anni ’80 e ’90 hanno proclamato l’era dei Robot Giganti, i Mecha, alcuni componibili, altri colossalmente enormi, altri ancora pura fenomenologia di marketing aggressivo per giocattoli. Ma li si ama in ogni caso.

Mazinga Z, il Grande Mazinga e Goldrake: come i più sapranno, i tre mecha più famosi derivano dal pennino del grande Go Nagai, e fanno in tutto e per tutto una trilogia. Mazinger Z termina con una battaglia immensa: dopo la vittoria di Koji Kabuto contro il Dottor Hell, il Generale Nero ordina un attacco in massa di tutte le armate micenee rimaste – ci voleva una sconfitta clamorosa per capire che 1vs1 non ha senso, se hai un’armata di robot! -, portando gravi danni al nostro carissimo robot con la panZa. È qui che fa la sua comparsa il Grande Mazinga, guidato dal trucidissimo Tetsuya, il quale finisce l’opera di bonifica di ciò che resta di Micene. Si passa quindi alla lotta contro i cyborg della seconda serie, la quale a sua volta terminerà con un’enorme battaglia in cui tornerà a dire la sua anche il buon vecchio Mazinga Z, accompagnato da Boss Robot – sempre il più bello – e un piccolo gruppo di poco utili aiutanti mecha, e via, addio anche al Generale Nero.

goldrake
Belli, panzuti e distruttivi, ma per vederli tutti assieme occorre aspettare i film speciali, fuori dalla timeline ufficiale.

La Terra non fa in tempo a tornare alla pace, che subito viene invasa dagli alieni. L’impero di Vega vuol colonizzarci! E chi salverà il nostro futuro? Esatto, un alieno con un robot che sembra il fratello maggiore dei nostri beneamini – lasciati a far la muffa, inspiegabilmente – : Goldrake!

Anche qui battaglia colossale contro Vega, ma senza assistenti, se non un gran numero di gadget terrestri per il mecha alieno. Grandi esplosioni, e poi, lacrimoni. Actarus, il pilota di Goldrake, dopo aver vissuto, combattuto e amato sul pianeta Terra, decide di tornare al suo pianeta Fleed per ripopolarlo, portando con sé sua sorella Maria, altra esule di guerra decisamente meno utile del primo, che intanto si era fatta i suoi bei piani per restare in pianta stabile sul nostro pianeta. Titoli di coda. Resterà per sempre una domanda nei telespettatori: perché Koji Kabuto, ribatezzato Alcor da un lascivo lavoro di doppiaggio di Mamma Rai e da timeline invertite nella proiezione delle varie serie, non ha mai pensato di dare supporto con il suo Mecha, limitandosi a guidare un disco volante davvero poco efficace? Ai posteri l’ardua sentenza.

I migliori piloti di robottoni al mondo, la top 10

Daitarn 3, un robot che ha spopolato praticamente solo in Italia, il primo mecha ecologico ad energia solare, ha un finale strappalacrime: Haran Banjo sconfige il temibile Don Zauker, trasformatosi in un robot grande 5 volte il Daitarn – che già di suo vanta 120 metri d’altezza… salute! – e sgomina quanto resta dei meganoidi ancora rimasti in piedi. La scena finale vede lo scioglimento del team e partenza delle pulzelle che fungevano da spalla allo scontroso protagonista, che tristemente vede spegnersi le luci della villa, chiudendo il sipario sul maggiordomo Garrison, alla fermata dell’autobus che, forse in preda ad un forte attacco di Alzheimer, grida “1,2,3 Daitarn 3!” e giù, sipario. Molti sono i rumors sulla serie, tra cui i grandi errori di doppiaggio sulla prima versione italiana, che sposterebbero l’allineamento dei personaggi da eroi ad antieroi. Il desiderio di vendetta di Banjo nei confronti del padre, reale creatore dei Meganoidi, spiegherebbe perché, una volta liberata la terra dalla “minaccia” degli omini verdi di Marte, il protagonista sembri tutt’altro che soddisfatto, bensì in preda a sensi di colpa per aver perpetrato una strage, principalmente per puro egoismo. Rumors o verità? Approfondite per scoprirlo!

Anime anni 80 e 90 da Batticuore

Nel cuore della nostra generazione non sono rimaste solo botte da orbi, ma anche momenti commoventi, o quantomeno molto dolci, con finali non sempre all’altezza delle nostre aspettative.

Sailor Moon. No, non si può avere la pazienza di fare un copia/incolla quasi identico per ben 5 serie praticamente identiche di combattenti che vestono alla marinara, quindi ci limiteremo ad un brevissimo schema: il cattivo di turno non è poi così cattivo come sembrava, bensì un sacco frustrato, Milord finisce per essere un peso più che un supporto, le Guerriere Sailor vengono quasi del tutto sconfitte anche unendo i loro INCREDIBILI POTERI  – bolle di sapone… vabé, un abbraccio a Sailor Mercury -, per poi scoprire che la chiave alla risoluzione di tutti i problemi era celata dentro Sailor Moon, la Principessa Serenity o sua figlia, Chibiusa. Davvero, va sempre a finire così.

sailor moon
“Potere del Qualchecosa a cui avremmo dovuto pensare prima! Almeno, la quarta volta…”

Lamù, Ranma ½ e affini. Rumiko Takahashi è stata una delle autrici più prolifiche di manga di sempre, e buona parte di queste opere hanno visto una loro visione animata. Lamù, la bellissima aliena dai capelli verdi e le corna da Oni che non soffre mai il freddo, finisce un po’ come tutta la serie, ridendo: dopo l’ennesima devastazione su scala mondiale, il rivale di turno di Ataru Moroboshi si leva di mezzo, ma quest’ultimo ancora una volta non riesce a dichiarare i suoi sentimenti verso Lamù, limitandosi a dirle che forse riuscirà a farlo fra 100 anni, e parte l’ennesimo linciaggio dei protagonisti da parte di una folla impazzita a causa delle scaramucce tra una coppia mista aliena-umano. Ci ha comunque rapito il cuore!

Ranma ½  non si discosta molto, lasciando un finale aperto, almeno per l’anime, in cui ormai i problemi rimasti alla coppia Ranma – Akane restano solo nell’impossibilità di trovare in Giappone una soluzione alla trasformazione del primo e, smantellando l’imminente partenza di questi per la Cina, il tutto finisce in un’enorme rissa familiare, ed un sostanziale stallo emotivo. Ma questa coppia ci piace così, arti marziali e baci non dati.

Inuyasha si discosta dalle file di inconclusi, ma quantomeno gli antagonisti vengono sconfitti definitivamente. La sfera dei Quattro Spiriti viene riunificata e Kagome, per una serie di motivi incalzanti, esprime ad essa il desiderio che l’oggetto sacro non sia mai esistito, riportando lei alla sua epoca moderna, e Inuyasha nell’era Sengoku. Scopre infine di poter fare un ultimo viaggio di sola andata per l’era passata, e dà l’addio ai suoi cari per ricongiungersi col suo amato demone-cane. Strano ma vero, l’unico lieto fine presente è quello che è piaciuto meno ai fan. Il manga varia un po’ sul finale, ma qui si parla di animazione!

Inuyasha: arriva un seguito per l’anime, parola di Rumiko Takahashi

Passiamo a Magic Knight Rayearth, o come molti lo ricorderanno: Una Porta Socchiusa ai Confini del Sole, capolavoro pseudo fantasy ad opera delle Clamp, in cui è racchiuso tutto, ma veramente tutto ciò che una serie anime potrebbe avere – mondi paralleli, magia, azione, tantissimi feels con annessi intrecci amorosi, e persino i mecha, da un certo punto in poi -. Insomma, per farla breve, Sole, Marina e Anemone – anche qui, c’è sempre da chiedersi chi abbia permesso al doppiaggio di fare questo scempio sui nomi – scoprono che la Regina Emeraude non era stata rapita dallo stregone Zagato per rubarle i poteri, bensì per difenderla: essendosi innamorato di Zagato, Emeraude non poteva più essere la Colonna Portante di quel mondo, e sarebbe tutto andato in pezzi di lì a poco; La regina aveva quindi richiamato le guerriere da un’altra dimensione per far ciò che Zagato, ben più premuroso di quanto si pensasse, non era stato in grado di fare, ovvero eliminare l’attuale Colonna Portante, per lasciare spazio ad una nuova. Ovviamente, via la colonna, via la vita di Emeraude. Eliminato lo stregone, Emeraude si scopre corrotta da un demone – forse nato dall’amore per Zagato, sentimento che a lei era proibito – e le nostre eroine per salvare un mondo diventano regicide, unendo i loro Managuerrieri mecha-magici pongono fine alla loro avventura, tra le lacrime di tutti. Possibile che non si riesca mai a capire chi è davvero il cattivo, fino alla fine?

una porta socchiusa ai confini del sole
…Era vero amore, maledette guerriere transdimensionali!

Vi risparmieremo una lezione di storia moderna parlando di Lady Oscar: sappiamo tutti com’è finita la Rivoluzione Francese. Tanti traumi da una storia troppo matura per essere trasmessa in fascia protetta, tra cui il primo tentativo di stupro della storia dell’animazione – almeno in Italia -, per cui sarà opportuno limitarsi ai fatti non storici delle ultime puntate: muoiono tutti. Prima André, che a causa della cecità incombente muore nel goffo tentativo di aiutare Oscar. Oscar a sua volta muore con tutto il battaglione, cambiando schieramento all’ultimo per aiutare la popolazione. Non basta? Beh, muoiono anche i reggenti! Ma questo lo ricordate dai banchi di scuola, giusto?

Piangete, piangete fino a seccarvi gli occhi.

Insomma, i finali che hanno davvero soddisfatto il pubblico si contano sulle dita di poche mani, ma è anche vero che, vuoi o non vuoi, un addio fa sempre male, e forse non esiste una conclusione che possa soddisfare del tutto un fan accanito, che può sempre vivere nella speranza di un sequel, probabilmente più brutto dell’originale, ma che lascerà spazio alla sua immaginazione.

L’importante è ricordarsi sempre che è bene scrivere la parola fine, ogni tanto, e che le scelte artistiche degli autori non possono sempre soddisfare gli spettatori, ma è bene esistano, per tuffarsi in una nuova, avvincente avventura.

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