Il fumetto “Mani Nude”, da poco uscito in edicola in formato bonellide (alternativa economica all’edizione da libreria), è un adattamento dell’omonimo romanzo di Paola Barbato, scrittrice nota per essere stata la prima sceneggiatrice di Dylan Dog e per aver lavorato alla miniserie Ut. Sebbene di solito mi piaccia leggere testi della Barbato (che si è occupata anche della sceneggiatura di questo adattamento), non ho apprezzato molto quest’opera, e mi sembra che sia perché non si vede molto il suo tocco.
Prima di parlare della sceneggiatura nel dettaglio, voglio però soffermarmi sui disegni. Recentemente, Paolo Armitano e Davide Furnò hanno lavorato sul Dylan Dog n. 381, Tripofobia, e se quel numero è tra i Dylan Dog di cui si è parlato di più ultimamente (assieme al n. 383, Profondo Nero, di Dario Argento e Corrado Roi) è principalmente per le sue incredibili illustrazioni, in grado di rendere pattern che farebbero star male chiunque soffra di tripofobia stranamente affascinanti per chi non ne soffre.
Anche in Mani Nude i due disegnatori riescono a dare alla storia il tono cupo e sporco di cui ha bisogno. La regia non è sempre chiarissima (a differenza della regia di Tripofobia), ma la sceneggiatura contiene moltissimi combattimenti corpo a corpo, e spesso anche disegnatori molto celebrati hanno problemi a mostrarne la dinamicità senza renderli meno comprensibili.
Ora. Perché ritengo che la sceneggiatura sia il punto debole di questo fumetto? Per due motivi:
Didascalismo: il flusso del racconto è costantemente rallentato dall’inserimento di un insieme di spiegazioni e, a volte, persino di ripetizioni di concetti già trattati.
Questo modo di scrivere fa inoltre perdere quell’aria di mistero che ha caratterizzato alcune delle più celebrate opere della scrittrice, come la miniserie Ut o il Dylan Dog n. 372, Il Bianco e il Nero. Nonostante alcuni potrebbero far notare che sono due storie completamente diverse da Mani Nude e che non dovrebbero quindi essere usate come termini di paragone, credo che anche in quest’opera lasciare certe cose non spiegate avrebbe fruttato molto, rendendo appieno lo spaesamento di un ragazzino che è stato rapito ed è diventato un giocattolo in mano a degli organizzatori di lotte clandestine, un cane da combattimento.
Mancanza di caratterizzazione: i personaggi di Mani Nude non hanno caratteristiche in grado di renderli particolarmente unici o identificabili.
Il mentore del protagonista gli consegna insegnamenti incredibilmente banali, e il colpo di scena finale non lo rende di certo un personaggio ben caratterizzato. Il protagonista si ambienta con davvero troppa velocità in una società violenta che non gli appartiene per nulla, snaturando quel processo di lenta corrosione che l’opera vorrebbe descrivere. I personaggi secondari, come la fidanzata o l’amico conosciuto all’inizio, sono così poco approfonditi che il lettore non è particolarmente interessato a ciò che gli succede. In opere come Orfani: Juric, invece, vediamo la scrittrice descrivere un insieme di momenti chiave che cambiano la vita della protagonista fin dalla tenera età, ed i modi in cui lo fanno. I personaggi secondari, inoltre, hanno una caratterizzazione tale da non farli sembrare semplici oggetti per portare avanti la trama.
Mani Nude è quindi un fumetto che può intrattenere, in generale, ma che sembra aver molto meno da offrire di tante altre opere della scrittrice.
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