Il 2 luglio 1997, il mondo del cinema veniva travolto da una ventata di freschezza con l’uscita di Men in Black, diretto da Barry Sonnenfeld. Questo film non solo ha ridefinito il concetto di fantascienza nel mainstream, ma ha anche segnato l’inizio di una nuova era per i cinecomic, influenzando profondamente l’evoluzione del genere nel XXI secolo. Ma cosa rende Men in Black un’opera tanto memorabile e originale da essere considerata una piccola rivoluzione?Da dove nasce l’interesse per questo mondo?
Un mix perfetto tra ironia e azione
Fin dai suoi primi minuti, Men in Black mescola sapientemente elementi di commedia, azione e fantascienza in un cocktail irresistibile. La storia di un’agenzia segreta che si occupa di monitorare gli alieni sulla Terra è tanto assurda quanto affascinante. Quello che davvero ha catturato il pubblico è stata l’interpretazione dei due protagonisti, Will Smith e Tommy Lee Jones. La loro chimica, che alterna momenti di comicità a scontri più drammatici, crea il perfetto equilibrio tra il lato più spensierato e quello più serio del film.


La regia di Sonnenfeld, che gioca con l’umorismo nero e un’estetica kitsch, ha permesso di esplorare temi profondi come la verità, la disinformazione e la percezione collettiva, anticipando preoccupazioni che sarebbero emerse nei decenni successivi. A distanza di anni, il film risulta ancora sorprendentemente attuale, un segno della sua lungimiranza nel trattare questioni come la sorveglianza governativa, l’isolamento dell’individuo e il controllo delle informazioni.
L’evoluzione dei cinecomic
Uno degli aspetti più interessanti di Men in Black è la sua capacità di anticipare l’ondata dei cinecomic del futuro. Mentre il pubblico era abituato a film di supereroi piuttosto rigidi e fedeli ai fumetti, Men in Black prendeva le distanze da ogni forma di adattamento tradizionale. Il film non cercava di riprodurre fedelmente la serie a fumetti originale, creata da Lowell Cunningham nel 1990, ma si concentrava su una reinterpretazione più libera e fantasiosa della storia. In questo modo, la pellicola riusciva a rendere omaggio al materiale di partenza, ma allo stesso tempo lo rendeva accessibile a un pubblico molto più vasto.
La Marvel, che acquisì i diritti del fumetto nel 1994, avrebbe successivamente fatto lo stesso con molti altri adattamenti, come Spider-Man e Iron Man. Tuttavia, il vero merito di Men in Black è stato quello di mostrare che un film tratto da un fumetto non doveva essere necessariamente una copia fedele della sua controparte cartacea, ma poteva invece essere un’opera autonoma, in grado di stabilire una connessione più immediata con il pubblico.
Le origini: Albert K. Bender e l’ufologo impaurito
Molto prima che Sonnenfeld portasse gli agenti in nero al cinema, gli “Uomini in Nero” esistevano già nel folklore ufologico. Una leggenda che affonda le sue radici in più di sessant’anni di racconti, paure e interpretazioni.
L’origine moderna del mito risale ad Albert K. Bender, fondatore della International Flying Saucer Bureau. Nel 1953 Bender raccontò ai suoi collaboratori di aver ricevuto la visita di tre misteriosi uomini vestiti di nero che lo avrebbero intimato a smettere di occuparsi di UFO. Dopo l’incontro, visibilmente scosso, Bender sciolse la sua associazione. La storia venne poi amplificata nel 1956 da Gray Barker nel libro They Knew Too Much About Flying Saucers, che contribuì a trasformare l’episodio in un caso internazionale.
Negli anni Sessanta, grazie a Barker e al crescente interesse per gli UFO, gli Uomini in Nero entrarono a pieno titolo nel folklore. Misteriosi, strani nei movimenti, spesso in trio e quasi sempre a bordo di auto scure, divennero figure ambigue: spie, demoni, alieni o fantasmi, a seconda del contesto. Alcuni studiosi, come il folklorista Peter Rojcewicz, li considerano una reinterpretazione moderna del trickster o del diavolo.
I temi universali in Men in Black
Ad oggi nonostante il film si presenti come una commedia di fantascienza, le sue implicazioni sono tutt’altro che superficiali. Dietro le risate e le sparatorie, Men in Black ci offre una riflessione sulla società e sulla verità. L’Agente K, spiega all’Agente J che “la gente è un animale ottuso, pauroso e pericoloso”, un concetto che risuona con preoccupante attualità nei tempi moderni, dove la disinformazione e la polarizzazione sono all’ordine del giorno.

Il film, pur con il suo approccio leggero, introduce una critica alla società contemporanea, facendo riflettere sulla difficoltà di accettare la verità in un mondo sempre più dominato dalle illusioni e dai falsi miti. Se da un lato il film celebra la diversità e la capacità di pensare fuori dagli schemi (come fa l’Agente J), dall’altro suggerisce che il mondo collettivo è più incline a credere in verità comode piuttosto che a confrontarsi con la realtà. In definitiva, Men in Black non è solo un film di fantascienza; è una riflessione sull’identità, sulla verità e sul conflitto tra l’individuo e la collettività. Una piccola rivoluzione che, ancora oggi, ci parla di un futuro che non è mai stato tanto incerto, ma che resta affascinante e stimolante, proprio come la sua eredità cinematografica.
Fonte: https://www.wired.it/play/cinema/2019/07/27/vera-storia-men-in-black/






