Regola generale è che quando lavori col pubblico (soprattutto se questo è molto vasto), devi aspettarti critiche più o meno costruttive e che devi anche essere pronto ad accettarle. Tuttavia esiste una linea molto ben definita fra “critica” e “minaccia”, perché, in tal caso, si va oltre il prodotto realizzato e s’intacca la sfera personale del creatore che potrebbe uscirne completamente distrutto.
È ciò che è successo ad alcuni sviluppatori e artisti che hanno contribuito alla realizzazione di The Last of Us 2, la famosa, famosissima esclusiva PS4 di Naughty Dog che da giorni, ormai, sta facendo parlare di sé sotto tanti punti di vista. Recentemente, anche la doppiatrice del personaggio Abby, Laura Bailey, ha dovuto fare i conti con minacce, alcune addirittura di morte, da quando il videogame ha visto la luce del mercato.
Ma la casa produttrice del gioco, non è rimasta a guardare ed è scesa personalmente in campo per aiutare e difendere i propri dipendenti e rendere pubblica la spiacevole realtà degli eventi, con un tweet che è subito diventato virale.
La presa di posizione di Naughty Dog
Sebbene accogliamo con favore le discussioni critiche, condanniamo qualsiasi forma di molestia o minaccia nei confronti del nostro team e del nostro cast. La loro sicurezza è la nostra massima priorità, ma dobbiamo lavorare insieme per sradicare questo tipo di comportamento e mantenere un discorso costruttivo e compassionevole
Inoltre, il direttore creativo della Naughty Dog, Neil Druckmann, sempre via Twitter, ha anche rivelato parte dei vili e violenti messaggi che Bailey ha dovuto affrontare.
Spero che questi giocatori ottengano l’aiuto mentale di cui hanno così chiaramente bisogno. Purtroppo questo è anche il prezzo dello realizzare giochi popolari che sfidano le convenzioni. Laura non merita nulla di tutto questo
Druckmann aveva già dichiarato in un’intervista su Youtube con Kinda Funny quanto il day one di The last of us 2 fosse stato un dei giorni peggiori di tutta la sua vita.
Poche ore dopo, infatti, le minacce di persecuzione e morte avevano già preso a inseguirlo ovunque, commenti razzisti e antisemiti che mai nessuno avrebbe potuto prevedere, soprattutto perché legate a quello che, in fin dei conti, è solo un gioco.
A difendere la doppiatrice, si è aggiunto persino il capo dei Worldwide Studios, Hermen Hulst, il quale, via Twitter, ha dichiarato:
Grazie per il tuo indimenticabile lavoro, Laura. Per quanto pietose siano queste risposte, tieni presente che rappresentano solo una piccola minoranza del nostro settore.
Ed è stato proprio grazie a questa grande solidarietà da parte delle società, dei colleghi e di tanti fan che, alla fine, Laura Bailey ha dichiarato:
Ho sempre creduto che le persone buone superino di gran lunga quelle cattive. Grazie per avermelo ricordato.
Minacce di morte e videogiochi
Purtroppo le minacce di morte sono un evento assolutamente mortificante ma comune nello sviluppo dei videogame.
Nell’agosto 2019, gli sviluppatori di Apex Legends ricevettero minacce di morte a causa di alcuni commenti fatti su Reddit.
Nel novembre 2019, invece, Eurogamer ha riferito come i gestori della comunità FIFA avessero subito molteplici molestie e abusi verbali, fino ad arrivare ad alcune minacce di morte sui social media da parte della “comunità tossica” del gioco.
E questi sono solo degli esempi, i più recenti, ma sufficienti per rendere chiara una situazione che, purtroppo, da molti anni sta sfuggendo letteralmente di mano.
Il web ha permesso a tutti di essere dei critici, di partecipare attivamente alle fasi evolutive di qualsiasi lavoro e se da una parte c’è del positivo in questo, dall’altra, invece, non potrebbe esistere nulla di più deleterio. Sia ben chiaro! Nulla ha a che fare con i videogiochi e con la fantomatica leggenda che essi incitino alla violenza, quanto, piuttosto, a problemi che affondano le proprie radici nell’educazione e nel rispetto che dovrebbero essere inculcati in qualsiasi bambino alla nascita.
Una cosa può non piacere, certo, ma ciò non giustifica a farla oggetto del proprio odio pubblico, perché allora, evidentemente, il problema non è più un gioco non piaciuto, ma qualcos’altro che andrebbe affrontato seriamente dal singolo soggetto sulla propria mentalità.
Paola.
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