Raya e l’ultimo drago: un’impressione sul film Disney (RECENSIONE)

Ho finalmente visto Raya e l’ultimo drago, ultimo film di casa Disney che ci immerge in un mondo fantasy dai tratti molto asiatici pieno di magia ed emozioni.

Il film disponibile dal cinque di marzo per gli abbonati alla piattaforma Disney+ con accesso premium, è da pochi giorni (il quattro di giugno per essere precisi) accessibile anche per tutti gli altri abbonati.

Ecco le mie impressioni sul film.

Inizia il viaggio di Raya

Questo film, ufficialmente il cinquantanovesimo di casa Disney, arriva dagli stessi produttori di Oceania e Frozen. Inutile dire che, visto il successo dei loro lungometraggi, si tratti di professionisti che sanno il fatto loro.

Il film inizia con la presentazione del mondo di Kumadra, mostrato in tutto il suo splendore ben cinquecento anni prima ai fatti narrati: un mondo molto simile al nostro ma creato dai draghi, dove tutti vivono in armonia.

RAYA AND THE LAST DRAGON, da sinistra: Sisu (voce: Awkwafina), Raya (voice: Kelly Marie Tran)
2021 © Walt Disney Studios Motion Pictures / Courtesy Everett Collection

Questa pace è durata fino all’arrivo dei Druun, mostri sconosciuti che hanno iniziato a seminare in tutto il globo morte e distruzione. Per proteggere il mondo che avevano creato, i draghi decisero di sacrificarsi per salvare gli esseri umani.

Durante la battaglia contro i Druun, che si manifestano sotto forma di nubi violacee in grado di pietrificare tutto ciò che toccano, i draghi hanno potuto ben poco. O meglio, tutti hanno potuto ben poco tranne Sisu: quest’ultimo drago, grazie ad una particolare gemma nella quale infuse tutto il suo potere, riuscì a scacciare le malvagie entità e salvare tutti gli esseri viventi pietrificati ad eccezioni degli stessi draghi.

E come se non bastasse la pietra preziosa che avrebbe dovuto simboleggiare armonia tra i popoli fu in realtà il seme della discordia che condusse gli stessi a lotte su lotte per la supremazia ed il suo possesso e che portò in seguito alla divisione del mondo in cinque grandi nazioni denominate: Coda, Artiglio, Dorso, Zanna e Cuore.

Si sa, la storia è spesso destinata a ripetersi e complice l’avidità degli esseri umani, i Druun tornano a seminare morte e distruzione. Il viaggio di Raya per salvare la situazione inizia con la morte di Benja, suo padre e sovrano del regno di Cuore. La narrazione fa apparire la storia come una bellissima favola moderna che sa intrattenere oltre che divertire, seguendo l’immaginario dell’asia sud-orientale.

Parliamo del film e della realizzazione

Il lungometraggio ha alle spalle un ottimo team: alla direzione troviamo Don Hall (Big Hero 6) e Carlos López Estrada (Blindspotting), ed è stato prodotto da Osnat Shurer (Oceania) e Peter Del Vecho (Frozen e Frozen 2). Alla sceneggiatura abbiamo Qui Nguyen e Adele Lim, nuovi a progetti così importanti.

Ho molto apprezzato il Mash-Up di ispirazioni reali e leggende antichissime del sud dell’Asia, che ha saputo portare ad una buonissima fusione di arti marziali, misticismo, duelli con la spada, draghi e leggende a loro legate e curiosamente all’apparizione di giganteschi gatti selvatici.

L’armonia con cui è imbastito il film lo fa apparire come la trasposizione di una bellissima fiaba moderna, che riesce a mantenersi sui toni classici dell’eroe senza macchia e senza paura che cerca di salvare un mondo che non apprezza questo gesto, ma non cadendo in tutti i cliché del caso.

E questo non è poco, considerato l’operato Disney degli ultimi anni. Perché se troviamo serie di successo belle sotto ogni punto di vista come The Mandalorian o progetti cinematografici come il MCU imbattibili sotto ogni punto di vista per incassi complessivi, troviamo molto spesso una Disney che ha “perso il coraggio” e che non porta spesso neinte di nuovo ma tende a riproporre il vecchio in una salsa non abbastanza moderna come ci si aspetterebbe.

Con Raya si ritorna ad un’animazione più pura, dove Disney (che è il più antico studio di animazione ancora in attività) pare ricordarsi che ogni spettatore è stato bambino almeno una volta, ed è quel bambino – che sia interiore o no – che si cerca di intrattenere e divertire con un po’ di stupore ed una favola a tratti anti-convenzionale.

Secondo i più maliziosi Raya e l’ultimo drago è in realtà un pretesto per accalappiare nuovi fan del sudest asiatico cercando di farli rispecchiare in una principessa Disney o in un set completo di piccoli eroi, anti-eroi e villain. Ma personalmente mi sono fermato alla storia, lasciando la teoria del complotto a qualcun altro.

La storia magari non è così eccezionale da gridare al miracolo, ma fa il suo lavoro e ci permette di viaggiare con la fantasia e vivere in un mondo fantastico per la durata del film.

Conclusioni sul film Raya e l’ultimo Drago

Sul piatto abbiamo Draghi, Principesse coraggiose che rappresentano donne forti che non hanno bisogno di un principe per essere salvate e belle animazioni, eppure il film volge l’attenzione su sentimenti umani che noi tutti proviamo come paura, dubbio, nostalgia e voglia di lasciare un segno nel mondo.

Il concetto che sta alla base è semplice e cerca di far capire allo spettatore che la rabbia ed il risentimento non sono altro che i primi passi verso la nostra autodistruzione.

Ma in verità sono dell’idea che se il pacchetto è completo e ben riuscito è merito anche dei personaggi che appaiono su schermo perché pur essendo la protagonista, Raya condivide la scena con personaggi che alla prima apparenza sembrano molto stereotipati, ma che alla fine si rivelano essere davvero ben scritti.

Insieme a Raya non si può non citare la piccola guerriera Noi, Namaari che fa da controparte alla protagonista stessa, ovviamente Sisu il fortundrago. Ma quello che mi è piaciuto di più è sicuramente Tong: il classico guerriero grosso, senza un occhio e dall’aspetto pericoloso, che per quanto appaia davvero semplice è in realtà un personaggio che si rivela più interessante di quanto non avesse dato a vedere.

Raya e l’ultimo drago è un bel film per famiglie, che non rivoluziona di certo il cinema come lo conosciamo, ma riesce a darci qualcosa di nuovo pur sapendo strizzare l’occhietto ai capolavori del passato.

Consigliata la visione a tutti.

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