Carnival Row, ultima fatica di René Echevarria e Travis Beacham, ha ottenuto recensioni parecchio discordanti e il pubblico si è diviso tra chi la ha giudicata come una serie innovativa e dalle grandi potenzialità, e chi ne ha criticato l’esecuzione e la sceneggiatura traballante. Ma chi ha ragione?
Anzitutto, il contesto: Carnival Row è il quartiere meticcio di Burgue, città umana ricca e tecnologicamente avanzata, dove i rifugiati di varie razze “magiche”, come fate, Puck (traducibili come fauni), coboldi ed altri si sono rifugiati a seguito della distruzione dei loro regni per mano del Patto, altre creature sovrannaturali prive di qualsiasi scrupolo morale, alle quali interessa solo conquistare ed uccidere.
Carnival Row: la riflessione
A Carnival Row approdano i due protagonisti: Vignette (interpretata da una bravissima Cara Delevingne già apprezzata in Valerian), una fata sfuggita alle persecuzioni, e Philo, detective di Burgue, ex amante di Vignette e segretamente di sangue fatato, al quale dà vita un Orlando Bloom sempre in formissima e sempre con quell’aria giovanissima che ancora non riusciamo a spiegarci in modo razionale.
La vicenda ruota intorno ad una serie di misteriose uccisioni per mano di un essere mostruoso ma sono parecchi gli elementi che costituiscono questa serie: drammi amorosi, intrighi politici, famiglie oppressive, passioni tra razze diversi, classismo… Moltissimi elementi che condensati in un’unica stagione costituita da soli 8 episodi, hanno finito per rendere Carnival Row un prodotto che non si riesce ad apprezzare veramente appieno, proprio per la presenza di tantissime storie e vicende che vengono purtroppo approfondite pochissimo. Anche i temi che vengono introdotti, come il razzismo, l’integrazione e l’immigrazione, sebbene siano argomenti di portata massiccia, vengono affrontati in modo piuttosto frettoloso e superficiale.
Prendiamo per esempio le creature magiche: il loro concept attinge moltissimo sia dal folklore anglosassone, sia da Sogno di una Notte di Mezza Estate di Shakespeare (basti pensare che le fate venerano Santa Titania). Purtroppo, la loro storia e la loro cultura ci rimangono completamente sconosciuti. Solo nel terzo episodio riusciamo ad intuire qualcosa sul mondo delle fate, mentre su quello dei Puck, che pure sono presenti in modo rilevante nella trama, non viene detto assolutamente nulla. Stesso discorso per i coboldi e le altre creature, che appaiono solo in modo secondario.
L’ambientazione è molto ben fatta, e l’atmosfera vittoriana, quasi steampunk, contribuisce molto al fascino della serie, che potrebbe essere definita quasi un noir fantasy, una ventata di novità in un panorama ultimamente piuttosto piatto.
Anche la caratterizzazione dei personaggi ha molti punti vincenti: Vignette, il personaggio principale, è interpretata in modo davvero convincente e le storie personali dei protagonisti sono interessanti e complesse, e ci offrono individui con molte sfaccettature di carattere, che rendono la sceneggiatura coinvolgente e appassionante.
Peccato che per ognuno di loro il tempo concesso per raccontarsi ed affrontare i propri problemi sia davvero poco ma rimangono comunque uno dei punti di forza di questa serie. Basti pensare al personaggio di Sophie Longerbane, un’umana ambiziosa e desiderosa di fare strada nel mondo politico, che diventa progressivamente sempre più interessante e carismatica ad ogni puntata.
In conclusione
Carnival Row è una bella serie, con un ottimo potenziale. Ci aspettiamo che la prossima stagione, annunciata già lo scorso Luglio, ci offra gli approfondimenti che aspettiamo e che la renderebbero davvero un ottimo prodotto; e auspichiamo che le storie e i personaggi introdotti abbiano il loro giusto spazio, per permettere al mondo incantato creato da Echevarria e Beacham di esprimersi al meglio delle proprie capacità – che per quello che abbiamo visto in questa prima stagione, potrebbero essere davvero tantissime.
Una serie alla quale dobbiamo dare fiducia, se non altro per l’impegno e la qualità che ci offre, e che speriamo vivamente che diventi sempre migliore.
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