Kentaro Miura e Berserk: elogio di un’opera d’Arte infinita

Ieri è giunta la notizia della tragica dipartita di Kentaro Miura, autore di una delle opere manga più intense e famose di tutti i tempi: Berserk. Una storia lunga anni, interrotta e ripresa più volte, divenuta un cult non solo tra gli appassionati di fumetti giapponesi, espandendo la sua fama in tutto il mondo.

Purtroppo, sembra che l’infausto presagio che ha sempre accompagnato Berserk, quello di essere un manga infinito, si sia finalmente realizzato con il trapasso di Miura. Ma la sua rimarrà un’opera eterna, leggendaria, e oggi vogliamo dedicare un piccolo omaggio all’artista e al suo lavoro, analizzando gli aspetti più importanti che emergono dalle straordinarie tavole disegnate dal Maestro.

I temi principali dell’opera di Kentaro Miura

Berserk è un’opera pregna di significato, e affronta moltissimi temi importanti. Il manga ha un’ambientazione prevalentemente dark fantasy, ma la storia si sviluppa più come una tragedia greca che come un’epos fantastica. I temi affrontati, dunque, sono più incentrati sul piano introspettivo dei singoli personaggi che sull’avventura in sé per sé.

Un chiaro esempio sul perché con Berserk sia più corretto parlare di tragedia piuttosto che di fantasy è il tema dell‘hamartia, intrinseco al personaggio di Griffith, il villain principale della storia. Con hamartia ci si riferisce all’errore fatale, o difetto fatale, che permea il destino e la fine di qualcuno. È un aspetto importantissimo sia nelle opere teatrali dell’antica Grecia, sia per la teologia cristiana, che ha una rilevanza piuttosto significativa in Berserk.

I due temi più importanti del manga sono soprattutto quello della resilienza dell’essere umano e quello del libero arbitrio in opposizione al destino: la storia di Guts, il protagonista, è completamente incentrata su questi due topos.

Violenza e libero arbitrio

La resilienza è direttamente collegata all’uso della violenza che Miura fa nella sua opera: l’abuso, sia psicologico che fisico, viene visto come un mezzo per ottenere potere e controllo sopra le persone, e le conseguenze di esso (sia riguardo il perpetratore che riguardo la vittima) vengono affrontate in ogni aspetto possibile, descrivendo magistralmente ogni aspetto dell’abuso, comprese quelle “aree grigie” ed ambigue che lo contraddistinguono.

Questo è particolarmente visibile quando assistiamo alla tragedia che colpisce Casca durante l’Eclissi. Ma resilienza significa anche spezzare il circolo vizioso, raggiungere un’epifania, per quanto tragica possa essere.

Per quanto riguarda il libero arbitrio, è interessante vedere come esso sia strettamente collegato al potere della mente. I due personaggi principali, Guts e Griffith, cercano in tutti i modi di opporsi al loro destino, combattendo con tutte le loro forze contro il mondo, ma anche contro loro stessi e la loro natura.

In questo interviene il potere della mente, del pensiero, che determina non solo la riuscita degli ideali e dei desideri dei protagonisti, ma offre anche un approfondimento determinante su un altro aspetto: il modo in cui si muore in Berserk, con quali pensieri si muore, sembra giocare un ruolo fondamentale sull’aspetto e lo stato che si avrà nell’aldilà, come dimostrato dall’esistenza degli wraith dell’ira e quelli più “gentili”.

Un dettaglio che dimostra non solo l’attenzione maniacale e geniale di Miura per ogni singolo aspetto della sua opera, ma che risulta fondamentale per comprendere il conflitto interiore che caratterizza Guts e Griffith.

Eroe perfetto, villain perfetto: Guts e Griffith

Berserk non esisterebbe senza il dualismo che caratterizza il legame inscindibile tra i due protagonisti principali. Guts appare immediatamente come un personaggio contraddittorio, a partire dalla sua fisicità: il suo aspetto dark, la sua imponenza e il suo volto oscuro cozzano tremendamente con l’umanità e la profondità del suo carattere. Guts è un personaggio complesso, multidimensionale, in continua evoluzione e in continuo conflitto, sia interiormente che esteriormente.

Griffith si mostra allo stesso modo, ma in senso completamente rovesciato: il suo aspetto angelico e divino è in perfetto contrasto con la sua natura brutale, arrogante e spietata. Anche qui abbiamo un protagonista estremamente complesso, che si muove sempre in un’area grigia a metà tra il Bene e il Male.

L’arco evolutivo dei due personaggi è esattamente speculare: si parte dal trauma, che forma il carattere e la natura di Guts e di Griffith, per passare alla lotta, quella contro i propri difetti e le proprie debolezze, soprattutto nel momento in cui i due cominciano a sviluppare il legame eterno e a tratti morboso che c’è tra loro.

Lo scisma interiore di Guts

Entrambi i personaggi attraversano un momento epifanico fondamentale, durante il quale realizzano quale sia il loro vero scopo di vita e i loro desideri più intimi, e durante il quale entrambi devono liberarsi di qualcosa pur di realizzarlo. Lo scisma interiore di Guts è quello più tragico, perché perde sia Griffith, l’uomo da cui ha sempre cercato un riconoscimento, che Casca, l’amore della sua vita. Griffith, invece, deve liberarsi della sua natura umana pur di realizzare il suo sogno impossibile.

Si arriva infine alla follia, che segue immediatamente il conflitto e l’epifania dei personaggi. Griffith, spogliato della sua umanità , si unisce completamente alla sua natura trascendentale, abbandonandosi completamente ad un altro piano di esistenza.

Guts, invece, sembra essere di nuovo perso, solo, alla mercé della violenza e della vita. Ma entrambi i personaggi trovano la conclusione del loro arco evolutivo nel rinnovamento di se stessi, quando Guts ritrova il suo vero scopo votando la sua vita all’amore per Casca, e Griffith realizza apparentemente il suo sogno, quello di un Mondo Perfetto.

È anche interessante vedere come nonostante tutte le rinunce, gli errori e i traumi passati, sia Guts che Griffith non riescano mai ad abbandonare il legame che li ha plasmati e che li unisce inevitabilmente.

Il Maestro Kentaro Miura

Concludiamo questa lunga elegia parlando dell’uomo che l’ha resa possibile: Kentaro Miura, che da oggi ci mancherà più che mai. Perdiamo non solo un grande mangaka, ma soprattutto un Artista immenso, capace di creare non solo una storia leggendaria, ma anche mondi oscuri e stupendi, che dimostrano non solo una grandissima conoscenza dell’arte classica (Miura ha affermato di essersi ispirato a Bosch, Escher e Doré tra i tanti), ma anche un talento straordinario come disegnatore.

L’artista ha rappresentato una fonte di ispirazione non solo tra gli altri mangaka, ma anche per gli sviluppatori di videogames: Cloud Strife di Final Fantasy VII e la sua spada sono chiaramente ispirati a Guts, ma anche altri giochi come Devil May Cry e Hellraiser si può vedere chiaramente l’influenza di Berserk. Infine, come dimenticarsi della saga di Dark Souls, ispirata alla potenza visiva del manga e alla sua storia?

Purtroppo non potremo mai sapere come finirà Berserk, né dove l’evoluzione dei personaggi li avrebbe portati. Ma questo manga è un’opera così mastodontica che già possiamo trarne molti insegnamenti. Per questo è scorretto parlare di incompletezza: anche senza finale, Berserk è completa così come è, immensa e tragica.

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Necronomidoll

Divoratrice compulsiva di libri, scrittrice in erba, maladaptive daydreamer. Il Culto Vive.
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