Ad appena 81 anni, Adriano Celentano, un mito della musica italiana, colui che dettava la moda alternativa del clan, attore e regista, presentatore da sempre sopra le righe, è tornato sulle scene della televisione italiana con Adrian, la serie evento, un cartone animato ambientato in un’Italia futuristica nonché dittatoriale con una storia da lui ideata e diretta, ovviamente con il Molleggiato – ritratto in una sua versione giovanile – come protagonista e salvatore.
Il ritorno del Molleggiato
In due righe, siamo in un futuro distopico, nel 2068, in cui l’unico a volersi ribellare dalla tirannia di un governo oscurantista sembra essere Adrian, il protagonista. Si tratta di un giovane e prestante orologiaio che si ritrova per caso e per fortuna su un palco, durante una festa orchestrata dai dittatori, a cantare la canzone giusta nel momento giusto, e gli animi del popolo si riaccendono. Parte la caccia all’uomo ma nessuno ricorda il volto dell’orologiaio sovversivo e prosegue così la trama, tra una tetta di Manara e l’altra, con una forte banalizzazione del ruolo della donna.
A lavoro sul progetto dal 2009, con un budget finale – tra cambi di case produttrici, cause legali, etc. – che si aggira attorno ai 20 milioni di euro, cifra record per gli standard italiani sulle produzioni animate.
Coinvolto Milo Manara nella pre-produzione (fase a cui il disegnatore si è limitato, fortunatamente per lui) per lo sviluppo di alcuni studi di personaggi, sfondi e le ambientazioni insieme ad alcuni storyboard utilizzati successivamente come riferimento per la produzione vera e propria. L’unico altro lavoro di Manara destinato all’animazione di cui ho memoria è quello del video Miele, di Gigi D’Alessio.
Il programma è stato preceduto da una massiccia pubblicità su tutti i canali dell’emittente Mediaset, con un volume molto più alto delle trasmissioni precedenti e successive di almeno 10 decibel, portando curiosità – e ilarità a vagoni – nel pubblico.
Reggere il colpo di un risultato così deludente dev’esser stata dura per la rete televisiva.
Il duro impatto con il pubblico di Adrian
Non si è dovuta neanche aspettare la fine del primo episodio per assistere ad una pioggia di commenti negativi dal web.
L’episodio – male – animato è preceduto da uno stacchetto teatrale – con pubblico dal vivo – con protagonisti un Nino Frassica arrugginito dalle troppe pubblicità di crediti bancari con spalla Francesco Scali – mancava solo Terence Hill e c’era tutto il cast principale di Don Matteo – con battute che non convincono, chi dice datate, chi solo insipide. Si decide chi può o meno entrare nell’Arca, una imbarcazione enorme disegnata sullo sfondo. Una sfilza di non attori fa da comparsa nella scena, portando il tutto al limite del grottesco.
Segue un Natalino Balasso molto anni ’90, nei panni di un saggio barbone, il quale apre la scena all’ingresso di un Celentano che a conti fatti resta sul palco meno di tre minuti, con pochissimi scambi di battute.
L’animazione del cartone scuote gli animi – in negativo – degli amanti del genere, allontanando inoltre coloro i quali si erano avvicinati solo per curiosità. La trama risulta confusa, le continue scene sessualmente esplicite colgono lo spettatore impreparato e confondono ancor di più le idee su cosa stia realmente accadendo.
Una tragedia animata. I meme in rete sono stati spietati, quanto esilaranti.
Il Secondo, Tragico, Adrian
Se nella prima puntata ci fosse ancora qualcuno disposto a dichiararsi affascinato dall’idea della serie e a sostenere che fosse la massa inadatta al genio di Celentano, il secondo episodio lascia poco spazio ai gusti personali.
Celentano appare sullo schermo dopo un teatrino molto simile alla prima puntata – in cui includono anche un gagliardo Giovanni Storti che almeno ci riporta il sorriso anche se tutti si chiedevano dove fossero Aldo e Giacomo -, dapprima nascosto, dichiarando che la sua presenza in scena o meno fosse una sua libera scelta, per poi apparire alla fine di un’altra scenetta completamente in silenzio, nell’applauso del pubblico dal vivo. Dichiarazioni forti e realistiche sui problemi delle scene televisive contemporanee, coperte forse con un velo eccessivo di teatralità tuttavia tipico del personaggio.
Aggressiva quanto interessante l’idea di nominare i due personaggi negativi delle gag Reddito di Cittadinanza e Quota Cento, sebbene sia una relazione molto forzata.
Il vero problema arriva nella parte animata: sorvolando i già noti problemi grafici e di storyline, nonostante il tentativo – forse un po’ confuso – di portare tematiche attuali quali immigrazione e integrazione, Adrian si ritrova coinvolto in un’infelice conversazione con due ragazze appena salvate da un’aggressione grazie al nostro eroe “mascherato”; in soldoni, rivolgendosi alle fanciulle, ancora spaventate per la situazione, dichiara che se le ragazze non avessero bevuto qualche bicchiere di troppo allora queste non avrebbero rischiato di essere aggredite e, probabilmente, abusate.
La reazione avuta a questo scambio di battute davvero infelici – che forse è il caso di definire sessiste – non ha tardato ad arrivare. Nomi noti nel mondo dello spettacolo, così come artisti e illustratori famosi hanno animatamente dichiarato il loro dissenso. In poche ore il web si è riempito di vignette satiriche a tema.
Non bastasse questa terribile gaffe paternalista, indovinate dov’è ubicata la base operativa dei cattivi, la Mafia International? Napoli. E dire che la storia si svolgeva a Milano…
Passando tutt’altro che inosservato, il riferimento non è stato gradito dal pubblico, tantomeno dall’Associazione Noi consumatori di Napoli, che ha querelato il Molleggiato per danni all’immagine della città.
Dopo tutto ciò, lo share è passato dal suo picco massimo della prima serata – 21% – fin quasi a dimezzarsi.
L’idea dello show pecca anche d’incongruenza morale, com’è stato presto dimostrato dal web: con un’intera trama basata sulla lotta ai poteri dittatoriali, l’idea di far produrre l’animazione allo Studio SEK, in Corea del Nord, non sembra la più lucida delle decisioni.
“Come hai detto che ti chiami?” “Non l’ho detto”
Adriano Celentano è stato una mosca bianca dello spettacolo italiano fin dagli anni ’60, del tutto imprevedibile ma spesso con contenuti di rilievo. Ne sono prova le trasmissioni d’inizio millennio come RockPolitik e Rock Economy – ogni tanto riguardo la gag con Roberto Benigni e non posso fare a meno di sorridere -, così come anche i suoi interventi durante i Festival di San Remo del periodo.
Primo rapper italiano, uomo dai lunghi silenzi in diretta televisiva – forse a causa di grandi vuoti di memoria dovuti all’età che avanza, diranno le malelingue –, capace di giocare con lo share arrivando addirittura a suggerire al pubblico in ascolto di spegnere la televisione per un minuto, si è dimostrato un uomo che sa viaggiare fuori dagli schemi.
Forse però arriva un momento, nella vita, in cui anche il più eccentrico tra gli uomini di spettacolo deve cedere il passo alle nuove generazioni, ai nuovi valori sociali che in questi ultimi tempi crescono – fortunatamente – più in fretta di quanto invecchino gli uomini.
Che sia questo il momento giusto per Adriano Celentano? Ce lo potranno dire solo i numeri, sempre che la trasmissione non venga sospesa prima delle previste nove puntate di Adrian.
È anche vero che per la televisione vale l’orribile regola del Se ne parli, bene o male, purché se ne parli.
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