La notizia allarmante ci arriva dall’Università Federale di Viosa: la deforestazione è la causa diretta del ritardo delle piogge di almeno una settimana nella regione del Minas Gerais che comprende parte della foresta Amazzonica. Lo studio, che si è basato confrontando 40 anni di dati sulle precipitazioni, ci offre uno spaccato decisamente preoccupante sulla situazione del nostro polmone verde: il ritardo della stagione delle piogge (aggravato anche dal problema del surriscaldamento del globo terrestre che comporta un deficit delle precipitazioni) significa che i raccolti saranno molto meno produttivi, e che quindi ci sarà un ulteriore impoverimento per gli agricoltori della regione.
È un cane che si morde la coda: la ragione principale dietro l’abbattimento di alberi secolari è proprio quella di far spazio ad ulteriori terreni atti alle coltivazioni che però stanno dando sempre meno frutti proprio a causa del crollo delle precipitazioni causati dallo stesso disboscamento.
Inoltre, la deforestazione indiscriminata ha un effetto critico sull’Amazzonia anche a livello biologico: il terreno, sottoposto ad uno stress enorme causato anche all’altissima presenza di attività umana, rischia di non riprendere più il suo normale ciclo vitale e di ridursi ad una savana, completamente arida e sterile.
Una simulazione fatta con uno strumento denominato Dinamica EGO (Environment Geoprocessing Objects) che riguarda il periodo fino alla fine del 2020 ci dà uno spaccato ancora più deprimente: analizzando vari fattori, quali le attuali politiche ambientali, la conformazione del terreno, i coefficienti biofisici ed antropologici, si evince che nelle aree con maggior tendenza alla conversione da foresta tropicale a terreno agricolo, si rischia di incorrere in un disastro non solo ambientale, ma anche economico: mantenere una foresta vergine, infatti, costerebbe molto meno rispetto ai costi della deforestazione e della coltivazione. Questi dati, raccolti grazie allo sforzo di scienziati e ricercatori di varie università brasiliane ed internazionali, vogliono lanciare un chiaro segnale di allarme: entro la fine dell’anno venturo, se il ritmo di disboscamento rimarrà costante, si avrà un’ulteriore perdita del 25% della selva sul territorio del Cerrado, che fa parte della regione del Minas Gerais.
Le cause di questo improvviso impennamento della deforestazione sono in larga parte attribuibili al nuovo governo di Jair Bolsonaro che ha allentato le restrizioni sul disboscamento della foresta Amazzonica. Dal Gennaio 2019 ad oggi abbiamo già perso 3700 km² di territorio, e siamo praticamente arrivati ad un punto di non ritorno, il che significa che da questo momento rischiamo di non riuscire a recuperare più il nostro polmone verde e che le nostre riserve di aria pulita andranno piano piano a scomparire del tutto.
La Foresta Amazzonica è uno degli ecosistemi fondamentali del nostro pianeta: oltre a produrre una quantità significativa di ossigeno, la regione ospita diversi milioni di specie animali diverse, dagli insetti ai mammiferi e si parla di fauna unica al mondo, che rischia di essere spazzata via assieme alle circa 400 tribù che ancora vivono nelle regioni più remote e che conservano storie e tradizioni millenarie.
Mentre il mondo intero si mobilita per la salvaguardia della Foresta, contando tra i suoi protettori anche personalità come Leonardo di Caprio e Greta Thunberg, sembra che siano proprio i brasiliani ad essere ancora piuttosto indifferenti sull’argomento. Questo succede perché c’è un divario tra le nuove generazioni che grazie ad una scolarizzazione più elevata sono anche più sensibili verso le tematiche ambientali, e gli agricoltori, che sono i maggiori beneficiari del disboscamento. Bolsonaro, inoltre, ha quasi eliminato del tutto gli incentivi per la conservazione della Foresta, inducendo così una grossa fetta della società ad essere sempre più favorevole alla deforestazione indiscriminata.
Nonostante il futuro del nostro polmone verde si prospetti tetro, dobbiamo avere fiducia nel futuro del Brasile: sempre più giovani si dimostrano sensibili all’ecologia ed alla causa del sustainable living, dando così una nuova speranza non solo alla Foresta più bella del Pianeta, ma anche a Madre Natura.
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