I dati parlano chiaro e raccontano una storia sorprendente: dopo decenni di costante miglioramento, il quoziente intellettivo medio sta calando in diverse nazioni sviluppate. Ma cosa c’è dietro questo trend allarmante? Dai cambiamenti nello stile di vita alla qualità dell’istruzione, le ipotesi sono tante e non tutte fanno dormire sonni tranquilli.
Effetto Flynn inverso: perché il quoziente intellettivo sta diminuendo
Il cosiddetto “effetto Flynn inverso” rappresenta l’inaspettato capovolgimento di quanto osservato per tutto il XX secolo. James Flynn, psicologo neozelandese, aveva documentato come ogni generazione guadagnasse circa 3 punti di QI rispetto alla precedente. Tuttavia, si è notata un’inversione di tendenza alquanto preoccupante.
Gli studiosi si interrogano su questa regressione che coincide, paradossalmente, con l’esplosione tecnologica. Le nostre menti, un tempo allenate dalla lettura profonda e dal ragionamento autonomo, delegano sempre più funzioni cognitive ai dispositivi.
Manfred Spitzer, nel suo libro “Demenza digitale”, ha evidenziato come questo trasferimento di capacità stia atrofizzando alcune aree cerebrali fondamentali.
La cosa davvero preoccupante è che qualità dell’istruzione moderna incide notevolmente su questo fenomeno. I sistemi educativi contemporanei privilegiano l’acquisizione rapida di competenze pratiche a scapito del pensiero astratto e critico. E questo non è nient’altro che un terreno fertile per l’impoverimento intellettuale.

Ci sono diverse determinanti in questo effetto Flynn inverso. Colpisce in modo disomogeneo i diversi strati sociali. Nello specifico, la correlazione con fattori ambientali appare significativa: diete ricche di alimenti ultraprocessati, riduzione del tempo dedicato alla riflessione, iperstimolazione digitale costante.
Il nostro cervello funziona come un muscolo: più lo usiamo, più diventa forte. Quando lasciamo che i dispositivi tecnologici “pensino” al posto nostro (come quando usiamo un modello di intelligenza artificiale invece di sforzarci a ragionare), stiamo essenzialmente “appaltando” il nostro pensiero all’esterno.
Questo sta creando un paradosso: i giovani di oggi hanno a disposizione più informazioni che mai nella storia umana, ma sembrano avere maggiori difficoltà a valutare se un’informazione è vera o falsa, collegare concetti tra loro nonché pensare in modo profondo a problemi complessi.
Perché succede? Perché ci siamo abituati a ricevere ricompense immediate (like, notifiche, risposte istantanee) che ci danno soddisfazione rapida. Il nostro cervello preferisce queste piccole dosi di piacere veloce rispetto al lavoro mentale più faticoso e lungo che richiede concentrazione prolungata.
In altre parole: stiamo sviluppando cervelli che sono ottimi a trovare informazioni velocemente, ma meno bravi a pensare attentamente a cosa significano quelle informazioni.