Until Dawn è l’anello di congiunzione tra cinema e videogame?
Il prologo parte dal febbraio del 2014, in cui un gruppo di dieci amici decide di radunarsi presso lo chalet dei 3 fratelli Washington (Josh, Beth e Hannah), nella comunità montana di Blackwood Pines: un luogo intimo circondato dal bosco, lontano da centri abitati, e raggiungibile solo attraverso la funivia.
Durante la permanenza, una bravata fatta da 5 dei ragazzi fa si che Hannah si allontani indispettita, poi seguita a ruota dalla gemella preoccupata anche per il maltempo imperante. Le due sorelle, però, una volta riunite si sentono osservate, e scappano… Finendo giù da una scarpata.
L’anno dopo Josh (interpretato da Rami Malek) decide di commemorare l’accaduto invitando nello stesso luogo, nuovamente, i restanti 7 ragazzi dell’anno precedente: Emily (Nichole Bloom), Mike (Brett Dalton), Jess (Meaghan Martin), Matt (Jordan Fisher), Ashley (Galadriel Stineman), Sam (Hayden Panettiere) e Chris (Noah Fleiss).
I corpi delle ragazze non sono ancora stati trovati, in quella che si realizza essere stata una zona di Nativi Americani. I protagonisti stavolta affronteranno “presenze” non umane, e lo psicopatico cattivone di turno. Una serie di disavventure si frapporranno tra il nostro desiderio di giocare al Demiurgo e la punitiva realizzazione di Q.T.E., mai così incisivi in un videogame.
Come suggerisce il titolo, il nostro obiettivo sarebbe quello di mantenere in vita, fino all’alba, almeno alcuni dei ragazzi; ma l’impresa, vera, sarà quella di provare a trarli tutti in salvo.
Non aprite quella Porta. Sul serio, non fatelo anche questa volta
Come ogni teen-horror del genere slasher (Venerdì 13, Scream, Ripper, Urban Legend, Le Colline hanno gli occhi) che si rispetti, anche in Until Dawn avremo a che fare con degli adolescenti (4 ragazzi e 4 ragazze) schiavi dei loro ormoni e… Trattandosi di un videogame, saranno vittime anche del nostro sadismo, o bontà d’animo.
Ma davvero vi comportate bene anche nei videogame?
Nella prima parte si studiano i rapporti tra i vari ragazzi, sfruttando il famoso, abusato, e sempre verde (nei film) Butterly Effect: le scelte che andremo a fare sposteranno gli equilibri di continuo, offrendo nuove opzioni di dialogo, ma badate che vita e morte di un personaggio dipenderanno in misura maggiore dai Q.T.E. finali.
I clichè delle pellicole succitate sono parte del fascino della storia; dunque se non amate questo genere probabilmente non proverete empatia per i ragazzi. Gli stereotipi classici ci son tutti: lo spaccone, il bravo ragazzo, la bionda tutto pepe, la mora con la scopa-in-culo,… E non potevano mancare i sentimenti non confessati, e dissapori non assopiti, con i quali potremo divertirci a mò di Deus Ex Machina.
Fa paura ? E’ difficile dirlo
E’ un elemento del tutto soggettivo. Ho provato più che altro tensione, e sono stato vittima di qualche jump scare (anche se la presenza era scontata).
Quick Time Event: la loro presenza nei videogame è sempre motivo di discussione. Sono noiosi? Sono Inutili? Sono commerciali? Spezzano il ritmo? Svolgono un importante ruolo di raccordo? Probabilmente sono tutte valide queste risposte, a seconda del gioco e della loro implementazione.
In Until Dawn li ho apprezzati
In un’avventura grafica c’è bisogno di una buona storia, o di una buona caratterizzazione dei personaggi (anche stereotipati come in questo caso, visto che è il genere cinematografico di riferimento ad essere strutturato così), e di una meccanica che risalti questo tipo d’intrattenimento non “classico”. Ebbene, il Butterfly Effect nella prima parte, e i Q.T.E. punitivi nella seconda, svolgono egregiamente il loro lavoro. I secondi li dovete vedere come la riproposizione della meccanica tipica dei rhythm game, dove però sbagliare anche un solo tasto qui causerà la morte del protagonista. Trovo che questa impostazione si adatti alla perfezione. Quante volte davanti allo schermo guardano un qualsiasi horror abbiamo storto il naso per la solita caduta, quante volte ci siamo infastiditi per il solito “intelligentone” che da solo s’infilava in una zona al buio senza armi? Ebbene stavolta la morte sarà causata da noi, dalla nostra mancanza di rapidità nel pigiare al momento giusto il tasto richiesto. Troppo lento? Sei stato vittima della tensione. Questo è un modo intelligente per riportare il brio di una sorta di Game Over che si è perso con i giochi moderni, dove basta riprendere un vecchio salvataggio per proseguire senza conseguenze. Negli anni ’80, sbagliare un salto comportava la ripetizione non del livello (scontata visto che non c’erano i checkpoint), ma dell’intero gioco.
Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?
C’è un’altra componente che può aiutarci nell’avanzamento: la ricerca degli indizi. Esplorando le varie locations, alla caccia dei totem, statuette di legno, in grado di: mostrare l’eventuale morte di un personaggio, diventare una guida, materializzare una premonizione, sovvertire una minaccia, ecc… Ma non sono recuperabili facilmente, non tutti almeno, giacché non è concesso il backtracking (come in Ryse), ergo concentratevi sull’esplorazione mantenendo alta l’attenzione.
Tra un capitolo e l’altro affrontiamo il dottor Hill (psicanalista), interpretato da Peter Stormare, che ci propone dei test per per valutare le nostre condizioni.
E… Tecnicamente come si comporta Until Dawn?
Le ambientazioni sono fedeli all’immaginario cinematografico, grazie a una cura certosina per i dettagli. La digitalizzazione dei volti dei ragazzi prende corpo da attori reali come in Beyond Two Souls e L.A. Noire, ma si sente la mancanza del motion capture per le animazioni (sia per le emozioni trasmesse dai volti, che per quelle dei corpi) di fatto qui, non risultano sempre naturali.
Buono il frame-rate (in generale, ma c’è qualche calo), il sistema d’illuminazione, gli effetti particellari, e le texture.
Ottimo il doppiaggio in lingua madre, buono quello in italiano per i contenuti, ma la recitazione di alcuni personaggi è un po’ troppo teatrale.
Commento finale: è un teen-horror e come tale la narrazione non è certo profonda e i personaggi sono stereotipati, ma è proprio questo il canone di riferimento. Il gameplay presenta meccaniche semplici, ma ben strutturate nel contesto. Si tratta pur sempre di un’avventura grafica come i 2 Walking Dead, Murdered Soul Suspect, Heavy Rain,…
L’atmosfera è carica di tensione, e gli ambienti esterni e interni sono ben partoriti, accompagnati da un buon sistema d’illuminazione e d’inquadrature. I rapporti di gelosia, i flirt portati avanti di nascosto, e l’invidia sono supportati da un buon sistema di causa-effetto, e da scatole cinesi.
I finali invece non sono così tanti come prospettavano gli sviluppatori, e non sbloccano particolari scene che avrebbero invitato, diversamente, a ripetere il gioco: lo spettacolo deve continuare, e se l’azione non verrà eseguita da un protagonista, allora sarà messa in essere da un altro. Minore linearità e maggiore varietà avrebbero reso Until Dawn un prodotto maggiormente appetibile: ad esempio un killer che muta, a seconda delle nostre scelte operate, sarebbe stata una caratteristica geniale da implementare.
Titolo: Until Dawn
Genere: Survival horror
Sviluppatore: Supermassive Games
Data di rilascio: 26 agosto 2015
Piattaforme: Ps4
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